NEVER LET ME DOWN (1987)

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Tutti i brani sono composti da David Bowie ad eccezione di Never Let me Down scritta da David Bowie e Carlos Alomar, Too Dizzy scritto da David Bowie e Erdal Kızılçay, e Bang Bang scritto da Iggy Pop e Ivan Kral.

 

* Too Dizzy, per volontà di Bowie, è stata eliminata da qualsiasi ristampa.

Data di Uscita

27 Aprile 1987

Registrazione

Mountain Studios,Montreux, Svizzera e Power Station studios, New York, USA - Fine '86/Inizio '87

Produzione

David Bowie, David Richards

Recensione

Con Never Let Me Down, per la seconda volta dopo Tonight, David Bowie si ritrova a non svolgere più un ruolo trainante nella scena rock preferendo di lasciarsi guidare da più formule consolidate e senza darsi alcun ruolo.

Il disco risulta a tratti incerto e spesso ipertrofico: le superflue sovrapposizioni di parti strumentali non portano i risultati sperati.

Bowie usciva da esperienze positive: le colonne sonore, il successo incontrastato al Live Aid, la produzione per Blah-Blah-Blah di Iggy Pop. Ma quando si è trattato di rimettersi in gioco, non ha saputo/voluto orientarsi a dovere, producendo così un disco (in cui suona, produce, scrive e canta molto – e a tratti molto bene) pieno di un’energia (grazie all’inedita accoppiata Alomar/ Kizilcay) che però vaga senza meta fra contraddizioni irrisolte (Beat of your Drum – Bang Bang) e potenziali non sfruttati a dovere (Zeroes).

C’è più sforzo artistico/compositivo rispetto a Let’s Dance e Tonight, come dimostrano Day-in Day-out, Time Will Crawl, Never Let me Down, ma nulla sembra concretizzarsi pienamente. Bowie, felice e sorridente, lodava il disco (salvo poi nelle ristampe eliminare addirittura un brano, Too Dizzy), ma in effetti doveva sostenere il tour ad esso collegato.

Citava il futurismo italiano, ma la copertina richiama il sipario di Picasso per il balletto Parade di Satie del 1917 e lo show univa con modi post-moderni Pina Bausch, Broadway e il rock – un Baz Luhrmann ante litteram, quindi non così disprezzabile come si usa fare.

Ma la fragilità del disco si palesa più che mai sotto la sottile patina lucente ed energica e Zeroes o ’87 and Cry sono lì a dimostrarlo.

Se Glass Spider assolve con dignità alla sua funzione teatrale (ancora una volta il futuro raccontato da un’ottica surrealista), altrove l’ispirazione latita (New York’s in Love o Shining Star, con il risibile intervento di Mickey Rourke).

Ma siamo alla fine degli anni ottanta e forse pochi altri dischi hanno saputo ricalcare l’aspetto di una ridondanza che si sgretola su se stessa, tentando di sopravvivere a tutti i costi: in questo è l’opera tipica di un’epoca di per sé poco suggestiva. Se la vera arte andava cercata altrove, questa volta Bowie non lo capì per tempo.

I testi a volte propongono interessanti aspetti di critica sociale (Day-in Day-Out), che verranno meglio sviluppati nell’operazione Tin Machine, o momenti più ricercati come Beat of Your Drum o Time Will Crawl, ma non sviluppano pienamente l’intenzione iniziale.

Alla fine si resta storditi da un disco in cui Bowie non parla di sé, osserva l’esterno ma quasi senza la vera curiosità da artista, suona una buona musica ma senza magia. È un disco di passaggio che termina la sua corsa esattamente là dove era iniziata: in una specie di luccicante inconsistenza.

Pur con una sua unicità: poiché mancano completamente i segnali di ciò che avverrà dopo, è il primo disco di Bowie che chiude un’epoca, piuttosto che aprirne una nuova.

 

di Pierluigi Buda – Heathen958

Musicisti

David Bowie
(voce, chitarra, tastiere, mellotron, moog, armonica, tamburino)
Carlos Alomar
(chitarra, cori)
Erdal Kizilcay
(tastiere, batteria, basso, tromba, cori)
Peter Frampton
(chitarra)
Sig McGinnis
(chitarra)
Carmine Rojas
(basso)
Philippe Saisse
(piano, tastiere)
Crusher Bennett

(percussioni)
Earl Gardner
(tromba)
Stan Harrison
(sax alto)
Steve Elson
(sax baritono)
Lenny Pickett
(sax tenore)
Robin Clark, Loni Groves,
Diva Gray, Gordon Grodie

(cori)
Mickey Rourke
(rap in Shining Star)

The Coquettes: Coco, Sandro, Charuvan, Joe, Clement, John, Aglae
(Cori addizionali su Zeroes)

Crediti

Greg Corman
(foto di copertina)

Mick Haggerty
(Artwork, set e design di copertina)

Ron Oates
(Costruzione set fotografico)

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