David Bowie Italia | Velvetgoldmine.it https://www.velvetgoldmine.it David Bowie Italia Wed, 10 Jan 2024 00:57:35 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.4.3 https://www.velvetgoldmine.it/wordpress/wp-content/uploads/2016/01/cropped-piccolo-1-32x32.png David Bowie Italia | Velvetgoldmine.it https://www.velvetgoldmine.it 32 32 Rue David Bowie: Parigi dedica una strada a Bowie https://www.velvetgoldmine.it/2024/01/rue-david-bowie-parigi/ https://www.velvetgoldmine.it/2024/01/rue-david-bowie-parigi/#respond Tue, 09 Jan 2024 23:36:13 +0000 https://www.velvetgoldmine.it/?p=29169
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In un atto senza precedenti, la città di Parigi ha deciso di eternare l’eredità di David Bowie attraverso una dedica stradale: la “Rue David Bowie”. Un tributo frutto di un lungo processo di riflessione e consultazione, che ha coinvolto appassionati, figure culturali e l’amministrazione municipale della capitale francese.

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La decisione di dedicare una strada a David Bowie è nata dal desiderio di onorare un artista che ha trasceso le barriere musicali, influenzando molte generazioni con la sua originalità e il suo spirito innovativo. Tutto è iniziato con un movimento spontaneo di fan che, fin dalla scomparsa di Bowie nel 2016, hanno cercato modi significativi per commemorare il loro eroe musicale. Una petizione online ha rapidamente raccolto migliaia di firme, dimostrando il desiderio diffuso di onorare l’artista in maniera tangibile e duratura.

L’amministrazione comunale ha accolto con favore l’iniziativa popolare, riconoscendo l’importanza di Bowie nel panorama culturale non solo della musica, ma dell’intera espressione artistica. Sono stati condotti incontri con rappresentanti della comunità artistica locale, musicisti e figure culturali per discutere della fattibilità e della forma che questa dedica avrebbe dovuto assumere.

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Dopo mesi di consultazioni e discussioni, la decisione di dedicare una strada a Bowie è stata presa all’unanimità dal consiglio comunale. La scelta di posizionare la “Rue David Bowie” tra i quartieri storici di Montmartre e Saint-Germain-des-Prés è stata accuratamente ponderata per garantire una collocazione significativa e facilmente accessibile per i visitatori.

La cerimonia di inaugurazione, tenutasi di fronte a una folla emozionata, è stata arricchita da contributi musicali di artisti locali che hanno eseguito brani celebri di Bowie. Durante il discorso inaugurale, la sindaca Anne Hidalgo ha sottolineato l’importanza di questa dedica nel preservare e celebrare la diversità culturale attraverso il riconoscimento di figure iconiche come David Bowie.

La “Rue David Bowie” non è solo una strada, ma un percorso che ne celebra la carriera straordinaria: sono stati infatti installati dei pannelli informativi che narrano la sua storia, e che permetteranno ai visitatori di immergersi nella sua vita e nelle sue opere.

Questa dedica non solo è un tributo a un’icona musicale, ma anche un impegno per la promozione della creatività e dell’innovazione nel tessuto culturale parigino. La mostra temporanea nelle vicinanze, che espone cimeli e fotografie della carriera di Bowie, è un ulteriore passo per garantire che la sua figura continui a ispirare le future generazioni.

La strada è diventata un simbolo tangibile della gratitudine di Parigi nei confronti di un artista senza tempo. Attraverso questo gesto, la città delle luci si unisce al coro globale che celebra David Bowie, garantendo che la sua stella continui a brillare nei cuori dei suoi fan e nel tessuto stesso della città.

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“My David Bowie”: nuovo libro di interviste e recensioni https://www.velvetgoldmine.it/2023/12/my-david-bowie-stefano-bianchi/ https://www.velvetgoldmine.it/2023/12/my-david-bowie-stefano-bianchi/#respond Tue, 05 Dec 2023 11:48:21 +0000 https://www.velvetgoldmine.it/?p=29161 "My David Bowie": nuovo libro di interviste e recensioni 18

“My David Bowie” di Stefano Bianchi, un nuovo libro su David Bowie, è appena uscito per l’editore Massimo Soncini.

Il panorama bibliografico su David Bowie è congestionato dalle pubblicazioni, e le librerie dei fan hanno ormai esaurito lo spazio disponibile per accogliere nuovi volumi sul proprio beniamino.

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La copertina del libro

Ma se a parlare è proprio David Bowie, magari un angolino lo si trova. Perché “My David Bowie” è il risultato di 15 anni di incontri e conversazioni tra il giornalista e David. Il percorso di Stefano Bianchi nella stesura del libro è descritto come un viaggio meditato nel tempo, culminato dalla necessità di elaborare il lutto dopo la scomparsa di Bowie nel 2016. Le musicassette delle interviste, conservate come reliquie, sono finalmente venute alla luce per questo libro, che riflette un’epoca musicale unica attraverso gli occhi di chi l’ha vissuta da vicino.

Il tentativo, a detta dell’autore, è quello di esplorare le intricate metamorfosi dell’artista attraverso interviste, conferenze stampa e articoli giornalistici. D’altronde Stefano Bianchi è giornalista attivo dal 1986. Ha lavorato come redattore presso Tutto Musica & Spettacolo dal 1984 al 1997. La sua carriera come critico musicale include collaborazioni con diverse testate, tra cui Buscadero, Musica & Dischi, Max, e molte altre. Bianchi ha pubblicato diversi libri nel corso degli anni, concentrati su artisti come i Guns N’ Roses e John Cale. E ha già pubblicato su Bowie il precedente “Forever and ever“.

Insomma, una penna che sa scrivere.

Ad aprire il libro con un’introduzione è Ivan Cattaneo, cantante pop degli settanta e ottanta, che ha condiviso con Bianchi la sua passione: “Quante volte con Stefano abbiamo parlato di David Bowie. Incontrato nei Seventies (io) e negli Eighties (lui). Fino a coglierlo insieme in tutta la sua iconicità, nel 2015 a Parigi, nella mostra kolossal intitolata Bowie is ”.

Il giornalista e critico musicale Paolo Bertazzoni, sempre all’inizio del libro, riflette: “Il David Bowie intervistato da Stefano Bianchi: l’uomo che nel 1997 disserta di equilibrio, serenità e sinestesia, ma anche il lead vocalist che preferisce stare in disparte quando è con i Tin Machine, nel 1991”.

Bianchi divide da anni la sua attività tra critica musicale e arte. Naturalmente, l’attenzione è rivolta anche alla cura iconografica di “My David Bowie“. Copertine autografate dei CD, biglietti dei concerti, tour program, e opere di artisti come Edo Bertoglio, Ivan Cattaneo e altri, contribuiscono a dipingere un ritratto visivo del Duca Bianco.

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Pagine interne

Ma non è solo a Bowie a parlare attraverso le interviste. Il libro attinge infatti anche alle testimonianze di coloro che con lui hanno collaborato in maniera più stretta nel corso degli anni, e che condividono riflessioni sulla propria esperienza e sull’impatto duraturo dell’artista. Qualche scorcio: Tony Visconti «Senza David Bowie vivremmo in un mondo più grigio. Ha dipinto la sua musica con colori straordinari. E alcuni di quei colori li ha inventati»; il pianista Mike Garson «Bowie è stato un fantastico “casting director”. Sapeva scegliere con cognizione i musicisti adatti alla musica del momento»; il chitarrista Reeves Gabriels «Tutto quello che ho fatto è stato far notare a David che poteva tornare a seguire il suo cuore…»; il batterista Hunt Sales «Stanno realizzando Barbie e sneakers. Ormai è la David Bowie Incorporated. E la trovo insapore»; il sassofonista Donny McCaslin «Continuano a ispirarmi la generosità del suo spirito, l’impegno a realizzare la sua visione artistica senza compromessi»; la cantante Cherry Vanilla «Continuano a ispirarmi la generosità del suo spirito, l’impegno a realizzare la sua visione artistica senza compromessi».

My David Bowie” si presenta anche come una guida all’ascolto, abbracciando l’intera discografia del Duca Bianco, comprese le rarità. Il libro scandisce le trasformazioni musicali di Bowie attraverso le interviste ma anche attraverso le recensioni che Bianchi ha scritto all’uscita dei vari album.

Più di ogni altra cosa, è però un atto di amore di Bianchi verso un artista che tanto ha ammirato e che è racchiuso in quel “My” del titolo. E nelle parole della moglie Eleonora che, appresa la notizia della scomparsa di Bowie al telefono, riesce solo a dire: “e adesso come faccio a dirlo a Stefano?”.

ACQUISTO

Il libro, disponibile al prezzo di €24,00, conta 192 pagine e presenta un formato di cm. 24 x 24 con legatura in brossura. Può essere acquistato in libreria e sui consueti store online: IBS, Mondadori Store e ovviamente Amazon.

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“Looking for Bowie” di Matteo Tonolli: alla scoperta delle maschere di Bowie https://www.velvetgoldmine.it/2023/10/looking-for-bowie-arcana-tonolli/ https://www.velvetgoldmine.it/2023/10/looking-for-bowie-arcana-tonolli/#respond Mon, 23 Oct 2023 21:33:28 +0000 https://www.velvetgoldmine.it/?p=29146 Looking for Bowie Tonolli Arcana Libro Testata

“Looking for Bowie”, un nuovo volume della Arcana dedicato a David Bowie ad opera di Matteo Tonolli, uscirà in libreria il 27 ottobre.

Looking for Bowie Tonolli Arcana Libro 4

Esce il 27 ottobre un nuovo volume dedicato a David Bowie, anche questo targato Arcana, a opera di un appassionato che abbiamo imparato a conoscere anche sulle pagine di questo sito: Matteo Tonolli. Matteo, che per quanto riguarda Bowie può vantare una lunga serie di interviste, recensioni e articoli su numerose testate, ama definirsi ancora oggi un “debuttante assoluto”. Il libro “Looking for Bowie” (sottotitolo: L’uomo e le sue maschere“) aggiunge ulteriori spunti alla complessità di questo artista poliedrico. Con 360 pagine ricche di interviste esclusive e approfondimenti, il libro è una preziosa risorsa per tutti coloro che desiderano approfondire le mille sfaccettature di un artista che non si smetterebbe mai di studiare.

Attraverso conversazioni con una vasta gamma di collaboratori, che includono musicisti, pittori, fotografi, grafici e molti altri, l’autore offre una panoramica completa sull’approccio di Bowie alla musica e all’arte visuale, al cuore pulsante di Bowie.

Emerge chiaramente la sua dedizione nell’integrare la propria creatività musicale con una straordinaria ricerca dell’immagine e una scrupolosa attenzione ai dettagli. Approccio che ne ha caratterizzato la carriera durante gli ultimi tre decenni del Novecento e ha fatto da pietra miliare per l’inizio del nuovo millennio.

Una delle caratteristiche di “Looking for Bowie” è il suo ampio respiro cronologico, che copre l’intero curricolo di Bowie. Gli intervistati concedono ricordi, rivelazioni e aneddoti che svelano il lato più umano, l’uomo dietro il mito.

"Looking for Bowie" di Matteo Tonolli: alla scoperta delle maschere di Bowie 22
@Greg Gorman

Tra gli intervistati spiccano i nomi di Masayoshi Sukita, il fotografo giapponese che ha scattato la celebre copertina di Heroes, Candy Clark, l’attrice che ha recitato con Bowie nel film “L’uomo che cadde sulla Terra“, Edward Bell, il grafico che ha disegnato le copertine di “Scary Monsters” e “Tin Machine“, Antonín Kratochvíl, il fotoreporter che ha documentato il viaggio di Bowie in Somalia per Amnesty International, Terry O’Neill, il leggendario fotografo britannico che ha catturato Bowie in molte fasi della sua carriera, e Denis O’Regan, fotografo ufficiale del tour “Serious Moonlight“.

Looking for Bowie” non è solo un’opera incentrata sul passato, ma abbraccia anche il presente. Matteo Tonolli offre anche una serie di recensioni a volumi usciti negli ultimi anni, offrendoci uno sguardo sulla recente editoria dedicata a David Bowie.

Il volume, sebbene accompagnato da una splendida foto concessa da Andrew Kent, non include inserti fotografici all’interno.

Looking for Bowie Tonolli Arcana Libro 3

ACQUISTO

Con un prezzo accessibile di € 19,50 euro per 360 pagine, è un ulteriore interessante tassello che va ad aggiungersi alla letteratura sul nostro David. Sarà acquistabile in tutte le librerie fisiche e non a partire dal 27 ottobre e, naturalmente, su Amazon in preordino.

ESTRATTI

Vi proponiamo alcuni estratti dal libro “Looking for Bowie. L’uomo e le sue maschere” di Matteo Tonolli, per gentile concessione di Arcana edizioni.

ESTRATTO 1: Louanne Richards / Sessione fotografica a Haddon Hall (1971)

Quale fu l’approccio di Bowie per la sessione?

Ricordo che fui io a suggergli dove posizionarsi, sedersi o girare la testa, se guardare l’obiettivo, da un’altra parte oppure nella medesima direzione. Divenne ben presto chiaro che avesse un talento istintivo con la fotocamera. Era in grado allo stesso tempo sia di rilassarsi che concentrarsi. Avvertii la sensazione che stesse ‘orchestrando’ la sessione fotografica ad un certo livello e davvero quello che realizzai fu poco più che guardare come la luce cadesse sui suoi lineamenti. Aveva questo curioso mix di intensità, bellezza e inconoscibilità.

Nelle sue note al recente box Divine Symmetry ha rivelato che fu molto amichevole e intrigante. In che senso?

Rimasi sorpresa dal fatto che fosse così disponibile. Aveva uno fascino disinvolto che però probabilmente nascondeva una riservatezza più profonda. Sentii che aveva una integrità di spirito, una forza interiore che era inviolabile, impossibile da scalfire.

Quante foto realizzò in quell’unico pomeriggio di lavoro con lui, proprio nel periodo in cui registrava le tracce di Ziggy Stardust?

Scattai tre rullini da pellicola di 35mm. In totale circa 100 pose. Il primo era focalizzato sull’ambiente di Haddon Hall e mostrava la David con Angie e il figlioletto Zowie in prossimità della grande scalinata, vicino a degli strani pupazzi. Il secondo era in parte dedicato a David e in parte ancora agli altri componenti della sua famiglia. Il terzo rullino è il più interessante con ritratti in esterno a David da solo. Quelle sono le immagini migliori, con qualcosa che inizia a vibrare tra lui, la luce e l’obiettivo.

Cosa pensò quando divenne famoso? Prima con Ziggy, poi come cantante soul, un crooner berlinese, quindi una pop star con Let’s Dance e via di seguito… lo rivide ancora?

Sfortunatamente mai più. Mi sono progressivamente interessata all’originalità della sua musica e all’ampia portata delle influenze che stimolavano la sua creatività. Negli anni ’60 conoscevo il regista Nicolas Roeg e fui intrigata dal fatto che lo avesse reclutato per The Man Who Fell to Earth. Seppi successivamente che era un periodo difficile nella vita di Bowie. Suppongo che Roeg e David abbiano avuto delle conversazioni interessanti!

Se avesse la possibilità di tornare indietro a quel giorno farebbe lo shooting allo stesso modo o cambierebbe qualcosa?

Probabilmente no. Quella sessione aveva una precisa traiettoria che ha avuto senso sia per David che per me stessa. Ci fu una silenziosa ma reciproca comprensione di come dovesse essere svolta.

ESTRATTO 2: Terry O’Neill / Sessioni fotografiche dentro e fuori gli studi nel corso degli anni ’70

Cosa prova quando guarda le immagini di David, scattate tanto tempo fa?

Ricordo ogni cosa della sessione al Marquee per il 1980 Floor Show. David fu assolutamente professionale e si esibì numerose volte per ogni singola canzone, in modo che le riprese fossero perfette. Ora però, riguardando specialmente il mio libro, mi rendo conto che ci sono molte foto che non vedevo da decenni. Nuovi provini, immagini che non avevo mai stampato prima. Sfogliandolo, mi sento come se fossi ancora là. Tecnicamente invece, quando guardo gli scatti di Diamond Dogs mi viene da ridere perché è stato completamente fortuito. Avevamo questo gigantesco cane vicino a David e quando il flash scattava il cane saltava. Ogni persona all’interno dello studio trasaliva spaventata e io mi nascondevo dietro l’obiettivo. David invece non muoveva un singolo muscolo.

Gli scatti di Bowie con Elizabeth Taylor sono strabilianti. È risaputo che lui arrivò in forte ritardo e forse lattrice si innervosì. Eppure guardando le foto si intravede una buona complicità tra i due. Elizabeth stava recitando?

Non credo. Elizabeth Taylor è stata una delle persone più belle, attraenti e fascinose che io abbia mai incontrato. Lei aveva davvero il desiderio di incontrare David – e aveva suggerito che lui partecipasse ad alcuni film nei quali stava lavorando. Quando alla fine Bowie arrivò, lei prese il controllo completo della photo session – dicendogli dove e come posizionarsi, scambiandosi con lui il cappello – è stata totalmente professionale e conosceva meglio di chiunque altro come lavorare davanti ad un obiettivo.

Ha definito Bowie con termini quali curioso”, talentuoso” “un uomo di gran classe”. Ci sono altri aspetti privati di lui che potrebbe fare conoscere ai suoi fan?

Non credo, ma posso dire che era una persona molto generosa, soprattutto nei confronti del proprio tempo. Non l’ho mai visto essere ‘avaro’ con nessuno, nel senso che dedicava sempre attenzione e tempo nei confronti, specialmente, dei fan. Lo si può notare in alcune immagini che ho scattato a lui sul palco – prima che posizionassero quell’enorme divario tra il pubblico e lo stage – David continuava a piegarsi in direzione dei fan, firmando autografi e toccando mani. Queste cose non succedono più ormai.

Qual’è la mascherache preferisce di Bowie?

I miei scatti preferiti credo siano quelli che mi hanno dato l’opportunità di fotografare David, non David Bowie. Le immagini che fui in grado di realizzare di lui con Elizabeth Taylor o William Burroughs, mostrano semplicemente David con coloro che lui ammirava. Ho anche realizzato alcuni scatti della sua partecipazione alla festa per il cinquantesimo compleanno di Peter Seller, a Los Angeles. David era là con Joe Cocker, Ronnie Woods, Bill Wyman e Keith Moon – e iniziarono a suonare assieme. David suonò il sassofono. Fu fantastico!

ESTRATTO 3: Greg Gorman / Sessioni fotografiche in studio nel corso degli anni ’80

Nelle vostre collaborazioni del 1983 e del 1984 lei fotografò tantissimo Bowie, che compariva con un sacco di cambi d’abito…

David si rendeva conto dell’importanza della pubblicità. Voleva fare spesso queste sedute fotografiche perché si divertiva ma era anche altrettanto consapevole di quanto i media fossero essenziali, ancor prima dell’avvento dei social. Nel caso che avesse un disco da pubblicare oppure un altro progetto da promuovere, proprio come le sessioni che realizzammo assieme. Ad esempio la copertina di Let’s Dance o le foto promozionali per Tonight.

Quanto poteva durare una seduta?

Quella del 1987 per Never Let Me Down andò avanti per tre, lunghi, giorni interi. Dalla mattina fino alla sera, quando era ora di andare a cena. David prese per buone circa sei o sette immagini al giorno. Naturalmente c’erano dei cambi completi di abiti, background, set, posture, atteggiamento… L’idea era quella di dare una serie di foto diverse per ogni magazine e giornale: The Times, Newsweek… nello stile della loro testata, anche l’immagine da affidare alle loro copertine. Tutto questo David lo gestiva con la propria compagnia, la Isolar.

Dalle foto per Tonight, una diventò la copertina dell’omonimo singolo, ma le altre sono piuttosto interessanti perché meno conosciute dai fan.

Sì, quella volta eravamo a Londra e fu meraviglioso lavorare ancora assieme. Lo stilista Steven Sprouse mi aveva mandato un pacco zeppo di vestiti della sua ultima collezione dell’epoca. David li indossò tutti con entusiasmo, si trattava di favolosi outfit e facemmo delle foto grandiose.

Ha visto la David Bowie Is exhibition?

Sì, l’ho visitata più di una volta in America. La prima è stata a Toronto. Una mostra molto interessante, anche se non ho visto molto del mio lavoro all’interno. Forse perché non sono molto vicino alle case di produzione musicale ormai. Ho frequentato spesso e da vicino per molti anni David, avevamo un ottimo rapporto, ci siamo divertiti e abbiamo realizzato diversi lavori interessanti insieme. Invece non ero particolarmente a mio agio con la sua assistente storica, Coco Schwab. Era strana. Una persona difficile. Non le piacevo. Al diavolo!

ESTRATTO 4: Stephen Finer / Collaborazione di natura pittorica intorno alla metà degli anni ’90

Il suo più famoso dipinto è senz’altro quello intitolato semplicemente David Bowie, esposto nella stanza numero 28, al secondo piano della National Portrait Gallery. Come è stato possibile che il museo l’abbia acquista prima del cantante?

Non fui coinvolto nella compravendita. Mi venne detto che David voleva acquistarlo ma naturalmente era contento che la National Portrait Gallery lo comprasse per la sua collezione. In seguito, parlando con un curatore del museo, lui definì la mia opera come un “dipinto meraviglioso”.

Lei non ha solo realizzarlo quadri su Bowie, gli ha anche scattato diverse Polaroid…

In totale gli ho fatto circa 40 foto. Alcuni di David da solo, altre insieme con Iman e ancora altre solo di lei, alcune in cui era nuda. La maggior parte non sono state pubblicate. David e Iman le videro e lui ne chiese una per poterci lavorare sopra, aggiungendo che si sarebbe assicurato che il copyright rimanesse mio.

Vide Bowie anche in azione sul palco?

Sono andato a vederlo durante l’Outside Tour, venerdì 17 novembre del 1995 alla Wembley Arena. Ho ancora il biglietto di quel concerto. All’epoca avevo già completato alcune dei miei dipinti di David e Iman.

In un video che negli ultimi anni Iman ha girato per Vogue dentro la loro casa di Catskills, è possibile scorgere alcune delle sue opere appese alle pareti. Crede che Bowie fosse attratto dalla sua tecnica o da altro?

Non lo so. Quando ci incontrammo la prima volta lui semplicemente mi disse: “Mi piacciono molto i tuoi dipinti, Stephen. Ci terremo di certo in contatto”. Non parlammo di arte o di tecniche pittoriche né allora né in seguito.

Cosa preferisce di Bowie?

La sua costante reinvenzione musicale, che si sprigiona oltre Blackstar.

ESTRATTO 5: Michelle Beauchamp / Collaborazione per il videoclip Strangers When We Meet (1995)

All’epoca quanto conosceva la produzione di David Bowie?

Avevo familiarità con la maggior delle sue canzoni degli anni ’80 sin da quando ero adolescente, così come con la sua recitazione in Labyrinth e in Myriam si sveglia a mezzanotte. Amavo anche le sue prime canzoni. Era un personaggio iconico e unico, qualcuno che non aveva timore di esplorare e scoprire le diverse sfaccettature di sé stesso, mostrandole al pubblico. Rispettavo quell’audacia e quel coraggio. Ancora oggi continuo a scoprire molti nuovi aspetti di lui e come la sua non conformità lo definisse. 

Il regista Samuel Bayer le aveva dato qualche precisa istruzione a riguardo della sua performance?

Tutto quello che vedi nel video è improvvisazione. Nessun coreografo. Quello che abbiamo fatto è stato frutto di un momento di ispirazione. Non ho idea se qualcosa provenisse da una storia preesistente. Quello che provai fu di entrare in un mondo surreale dove non c’erano regole o linee guida. Solo ascoltare la musica, sentire la vibrazione, toccare il tuo creativo io interiore e lasciarsi andare. Era terrificante e magnifico allo stesso tempo, ricevere una simile licenza creativa a quella giovane età. Ci furono soltanto alcuni suggerimenti informali e vaghe indicazioni per entrare nel mood giusto. Accettati quelli, decollammo.

Cosa può dirmi del suo delizioso costume di scena? Sembrava incarnare una strana creatura: metà donna e metà bambola… un ibrido, un pupazzo di carne e pezza. Anche per questo le chiedo se ci fosse stata un’ispirazione di qualche tipo.

Sono sicura di sì, ma non mi venne comunicato. Semplicemente mi condussero al guardaroba e mi fecero indossare quel bel costume, dentro il quale però riuscivo a respirare a stento, in quanto la mia bocca era coperta dalla stoffa. Se osservi attentamente le inquadrature dove ci sono io si può notare che l’apertura dove era la mia bocca si apriva leggermente sempre di più. Alla fine delle riprese lo avevo quasi completamente strappato perché davvero non ce la facevo quasi più a respirare.

Cosa accadde esattamente quando incontrò Bowie per la prima volta?

Non dimenticherò mai l’esatto momento nel quale stavo entrando nello studio, non sapendo se tutto quello che stava succedendo fosse meritevole per me. Era troppo bello per essere vero. L’audizione era stata davvero di basso profilo. Sembrava tutto sospetto. Mi ritrovai là con David sul palco, che indossava quel maglione a strisce e due unghie della mano dipinte di blu scuro. Poi si mise a ballare tenendo il maglione su un appendiabiti. Dovetti fermarmi e punzecchiarmi. Alla fine mi convinsi del fatto che fosse tutto reale… e surreale!

Quale fu l’attitudine di David durante le riprese? Altri suoi collaboratori sono sempre concordi nel dire che era abitualmente divertente, collaborativo e amichevole.

Assolutamente. Era proprio così, ma anche genuino, gentile e accogliente. Di tanto in tanto mi chiamava al monitor per mostrarmi quello che avevamo appena girato e per chiedere la mia opinione. Riusciva ad essere confidenziale e allo stesso tempo possedeva l’aurea della grande star. Un uomo sincero con se stesso e con la curiosità e l’umiltà del vero artista. Fu una delle esperienze più straordinarie della mia vita. Ballare improvvisando, ridere, recitare… creare qualcosa per un artista così iconico come David Bowie è stato veramente uno dei momenti più alti della mia carriera. Quando le riprese terminarono, andai seriamente in astinenza.

ESTRATTO 6: Tim Bret-Day / Sessione fotografica in studio per la copertina di Hours (1999)

Quando e come si è svolta la sessione?

Era il 1999. La sua assistente Coco Schwab portò l’abbigliamento necessario e si occupò della cifra stilistica. Abbastanza curioso, perché quel giorno ai Big Sky Studios sembrava esserci un sacco di gente. Ho ritrovato un filmato di quel giorno nel quale non riconosco quasi nessuno, solo la mia assistente Sarah Greenwood. Le uniche richieste di David riguardarono le sigarette, il caffè e non far suonare la sua musica. Sfortunatamente Sarah lo prese alla lettera, inserendo nel lettore CD l’Unplugged dei Nirvana, dimenticando che la prima traccia era la loro cover di The Man Who Sold The World. Non appena il ben noto giro di chitarra risuonò dagli amplificatori David apparve furioso. Ci sentimmo sprofondare e la mia assistente non riuscì immediatamente a raggiungere il tasto del volume. Pensai di aver compromesso tutto. Poi la sua espressione si trasformò in un ghigno sardonico… “Ci siete cascati!” Scherzò sulla versione di Kurt Cobain e proseguimmo a lavorare.

L’idea per la copertina di Hours è fondamentalmente basata su La Pietà di Michelangelo. Un Bowie sdoppiato in una versione più giovane che sorregge il sé stesso più anziano. Come si arrivò a questa scelta?

Era una sua idea e fu davvero insistente a riguardo. Dovevamo farla funzionare. Credo si rendesse conto di quanto il suo passato fosse importante, ma nonostante l’amasse anche lui, desiderava andare oltre e progredire. La sua attenzione all’avvento dell’epoca digitale andava di pari passo con la necessità di disfarsi della versione analogica di sé stesso. Era un precursore dei suoi tempi, un vero viaggiatore del tempo.

Nel booklet del box della Parlophone box Brilliant Adventure, ci sono un paio di immagini progettuali per quella copertina…

La prima è una polaroid assemblata da due scatti diversi senza nessun ritocco sofisticato, semplicemente tagliati e incollati. Quel giorno furono fatte molte polaroid e me ne sono rimaste pochissime, tra cui una per l’immagine di Thursday’s Child. Sono tutte ‘misteriosamente’ scomparse alla fine della giornata!

L’immagine usata per il disco consiste in una versione giovanile, angelica e quasi femminea di David che sorregge in grembo il vecchio corpo di sé stesso, risalente ad almeno un paio di anni prima. Nonostante fosse molto potente e originale all’epoca non tutti la apprezzarono… foste soddisfatti del risultato finale?

Era una solida dichiarazione per scrollarsi di dosso il passato e muoversi in direzione di una nuova era. Voleva fare tabula rasa, una decisione molto coraggiosa. Sapeva che avrebbe dovuto suonare ancora i suoi classici ma allo stesso tempo desiderava creare un nuovo Bowie. Penso che le canzoni su quell’album fossero molto minimaliste. Ci impiegò un po’ a conquistare il suo pubblico. Il disco ricevette recensioni miste ma col tempo i fan aumentarono e lo apprezzarono. Adoro Thursday’s Child, If I’m Dreaming My Life, Survive e The Pretty Things Are Going To Hell.

ESTRATTO 7: Jonathan Barnbrook / collaborazione per le grafiche da Heathen (2001) fino a Blackstar (2016)

Come è stato incontrare e avere vicino un grande artista come lui?

Ero terrorizzato, naturalmente. Ma devo dire che quando ci siamo incontrati lui è stato divertente e umile, mi ha messo immediatamente a mio agio. Totalmente un’altra cosa dall’essere una ‘big star’. Lo ricordo sedere vicino a me, chiacchierare e sorridere. Questo non significa che non possedesse una grande presenza: faceva in modo di essere amichevole, ma in ogni caso se ci lavoravi assieme pretendeva il massimo da te. Iman era arguta e molto intelligente. Ricordo anche di quanto apparissero innamorati – tra loro c’era una meravigliosa e genuina energia.

Dopo il 2004, Bowie scomparve a lungo… Lei ha lavorato con lui prima e dopo. Cambiò qualcosa nel vostro modo di collaborare?

Fui in contatto con lui anche durante quel periodo, e c’erano varie cose in ballo, per esempio la mostra David Bowie Is, che venne programmata 5 anni prima della sua inaugurazione e nella quale fui coinvolto a pieno titolo, perciò non smettemmo mai di confrontarci. Chattavamo anche solo per il piacere di farlo e per inviarci l’un l’altro materiale che trovavamo interessante. Quando nel 2013 ritornò per rilasciare il nuovo album, fu chiaro che lo avrebbe fatto alle sue condizioni. Penso che non avesse più nulla da dimostrare. Ha realizzato alcuni dei migliori dischi nella storia della musica pop e non sentiva più il bisogno di cercare successo o approvazioni. Il metodo di lavoro in realtà non cambiò molto. Voleva ancora che il design fosse il migliore possibile, ma notai che era più felice di seguire le mie idee. Aveva fiducia in me.

Parlando del suo ultimo album Blackstar… alcuni fan stanno ancora cercando nuovi significati nel suo artwork e nel booklet. Può confermare qualcosa a riguardo?

Ho promesso a David di non commentare nulla di quello che concerne Blackstar, quindi è meglio non rispondere alla domanda. Vorrei solo dire come questo disco sia uno dei suoi più grandi lavori, spietatamente sincero – ci è voluto molto coraggio per lui fare un album e affrontare la fine della sua vita in quel modo. Cercare una motivazione al segreto di Blackstar è un atto molto creativo.

Cosa pensa delle ultime release postume di Bowie? Crede che lui le avrebbe apprezzate?

Ho curato personalmente Glastonbury 2000. Invece non ho niente a che fare con la copertina di Toy. Credo sia una delle più brutte in assoluto. Non mi sono piaciute nemmeno quelle degli ultimi box set antologici. Penso che se David fosse ancora vivo avrebbe fatto come in precedenza. A causa degli standard della Warner mi avrebbe chiamato nel panico e chiesto di tirare fuori una copertina decente in un paio di giorni prima della sua uscita. È proprio quello che successe ad esempio con la raccolta Nothing Has Changed.

Estratto da “Looking for Bowie. L’uomo e le sue maschere” di Matteo Tonolli, Arcana edizioni. © 2023 Lit edizioni s.a.s. per gentile concessione

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“Pin Ups” in Half Speed per il 50° anniversario https://www.velvetgoldmine.it/2023/09/pin-ups-half-speed-50-anniversario/ https://www.velvetgoldmine.it/2023/09/pin-ups-half-speed-50-anniversario/#respond Thu, 14 Sep 2023 23:25:35 +0000 https://www.velvetgoldmine.it/?p=29132 David Bowie Pin Ups Half Speed 50 anniversario testata

“Pin Ups”, l’album di cover di David Bowie del 1973, uscirà a fine ottobre in un’edizione celebrativa “Half Speed” in occasione del 50° anniversario dalla sua pubblicazione.

"Pin Ups" in Half Speed per il 50° anniversario 25

Il 20 ottobre 2023, un giorno dopo il suo cinquantesimo anniversario, Pin Ups, la celebre raccolta di cover di David Bowie, sarà pubblicata in una edizione limitata in vinile masterizzata a metà velocità.

Si tratta di un omaggio alle band e agli artisti che hanno ispirato Bowie e che ha visto nei vari club di Londra a metà e fine anni ’60, tra cui Yardbirds, Kinks, Pink Floyd, Who, Pretty Things, Easybeats e altri.

IL DISCO

Pin Ups è stato registrato dal 10 al 31 luglio al Château d’Hérouville in Francia, uno studio in cui Bowie tornerà in seguito per registrare Low, e originariamente pubblicato il 19 ottobre 1973. Subito dopo, quindi, il celebre concerto di addio a Ziggy Stardust del 3 luglio.

David Bowie Pin Ups recording
Durante le registrazioni di Pin Ups (colorizzata da noi)

Fu l’ultimo album co-prodotto da Ken Scott e vide la partecipazione di due membri degli Spiders from Mars, il chitarrista Mick Ronson e il bassista Trevor Bolder, mentre alla batteria ci fu Aynsley Dunbar al posto di Mick Woodmansey. L’album nacque come un “progetto tampone” per accontentare la casa discografica, che voleva un nuovo disco per Natale, e per evitare di pubblicare nuove composizioni fino al termine delle trattative con l’editore musicale.

L’immagine di copertina, che ritrae David e la modella britannica Twiggy, scattata da Justin de Villeneuve, era originariamente destinata ad apparire sulla copertina di Vogue, ma quando la rivista rifiutò l’idea, Bowie la scelse per Pin Ups.

L’album ha raggiunto il primo posto nelle classifiche britanniche e ha prodotto un solo singolo nel Regno Unito, una versione di Sorrow dei McCoys, che ha raggiunto il terzo posto e ha dato a Bowie il suo primo numero uno in Australia, Nuova Zelanda e Sud Africa.

Anche se Bowie non ha mai portato l’album in tour, è amato dai fan che hanno spesso sperato in un seguito tanto vociferato, Pin Ups Two, ma come era nel suo stile, a febbraio 1974 aveva già pubblicato Rebel Rebel come singolo e una nuova avventura era iniziata.

LA NUOVA EDIZIONE “HALF SPEED”

Questa nuova edizione di Pin Ups è stata tagliata su un tornio personalizzato Neumann VMS80 con elettronica completamente revisionata da master restaurati a 192kHz dei nastri originali, senza alcuna elaborazione aggiuntiva in fase di trasferimento. John Webber ha tagliato la mezza velocità agli AIR Studios.

Ma cosa sono i vinili half speed? Si tratta di un processo di produzione in cui il master (analogico o digitale) viene riversato sulla lacca a metà della velocità, per cui il trasferimento risulta molto più preciso e accurato e a beneficiarne è il suono finale del disco. Questo perché la testina d’incisione ha più tempo per tracciare i solchi con maggiore dettaglio e fedeltà. I vinili half speed richiedono una maggiore cura e attenzione nella produzione e sono spesso destinati a un pubblico audiofilo o collezionista.

La masterizzazione rimane quella del 2015.

VALE LA PENA?

È la domanda che si fa di fronte a qualsiasi ristampa e, come sempre, non c’è una risposta univoca. Come detto, i vinili half speed sono destinati a collezionisti e audiofili. Vale a dire che, se non avete a disposizione un impianto di alta fedeltà e di alto livello, difficilmente riuscirete a cogliere differenze qualitative tra una buona stampa normale e la stampa incisa a velocità dimezzata. Se non disponete di tale impianto e non siete dei collezionisti, l’unico motivo per spendere dei soldi su questa edizione è che non siate già in possesso di un’edizione in vinile di Pin Ups. A questo punto, vale la pena puntare a quella che, almeno sulla carta, dovrebbe essere di qualità migliore.

Curiosità: Bowie a Roma

"Pin Ups" in Half Speed per il 50° anniversario 26
Bowie al suo arrivo in Stazione Termini (colorizzata da noi)

Un’altra curiosità è che subito dopo aver completato l’album, il 1° agosto 1973, Bowie partì da Parigi alla volta di Roma per una vacanza. Era accompagnato dalla moglie Angie, l’amico Geoff MacCormack e la fidanzata Desna Briggs, e la guardia del corpo Stuey George. Arrivarono al binario 21 della stazione Termini con un treno notturno. Ad accoglierli, tra gli altri, anche il rappresentante della RCA italiana Carlo Basile che ha raccontato l’episodio nel documento (e nel libro) di Rita RoccaBowienext“.

Alloggiarono a Villa Ofmilla, alle porte di Roma. Dall’Inghilterra arrivarono il figlio Zowie, la sua baby-sitter Daniella Parmer e l’assistente di Bowie, Gloria Harris. Da Parigi lo raggiunsero poi Mick Ronson, la sua fidanzata Suzi Fussey e il cuoco Anton Jones, che in seguito ha sposato Harris.

TRACKLIST

LATO A

  1. Rosalyn – 2:27
  2. Here Comes The Night – 3:09
  3. I Wish You Would – 2:40
  4. See Emily Play – 4:03
  5. Everything’s Alright – 2:26
  6. I Can’t Explain –  2:07

LATO B

  1. Friday On My Mind – 3:18
  2. Sorrow – 2:48
  3. Don’t Bring Me Down – 2:01
  4. Shapes Of Things – 2:47
  5. Anyway, Anyhow, Anywhere – 3:04
  6. Where Have All The Good Times Gone – 2:35

ACQUISTO

Il disco si troverà tranquillamente su Amazon e negli store fisici e online. Al momento è in pre-ordine solo sullo shop europeo del sito ufficiale.

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Ziggy Stardust Motion Picture: il film in oltre 170 cinema dal 3 al 5 luglio. https://www.velvetgoldmine.it/2023/06/ziggy-stardust-motion-picture-il-film-in-oltre-170-cinema-dal-3-al-5-luglio/ https://www.velvetgoldmine.it/2023/06/ziggy-stardust-motion-picture-il-film-in-oltre-170-cinema-dal-3-al-5-luglio/#respond Sun, 25 Jun 2023 14:11:58 +0000 https://www.velvetgoldmine.it/?p=29124 Ziggy Stardust Motion Picture: il film in oltre 170 cinema dal 3 al 5 luglio. 28

Ziggy Stardust and The Spiders From Mars: The Motion Picture” tornerà al cinema non solo il 3 luglio per la diretta in mondovisione dall’Hammersmith Odeon di Londra nel circuito dei cinema The Space, ma anche più capillarmente attraverso Nexo Digital per tre giorni: dal 3 al 5 luglio.

Come ampiamente raccontato in questo articolo, il prossimo 3 luglio si terrà un evento speciale in diretta da Londra con la proiezione in prima assoluta del film “Ziggy Stardust and The Spiders From Mars: The Motion Picture” nella versione integrale e restaurata in 4K, con interventi di alcuni ospiti prima della messa in onda. Questo evento è però trasmesso solo in alcuni cinema selezionati del circuito The Space.

Ma per chi non è riuscito a prendere i biglietti per la “diretta” o chi si trova in città in cui non viene trasmessa, Nexo Digital distribuirà il film in una più ampia selezione di sale per ben tre giorni: 3, 4 e 4 luglio.

The Space aveva infatti inizialmente acquisito i diritti per la diretta del 3 luglio con il Q&A, ma Nexo Digital è subentrata come distributrice appunto per ampliare l’offerta e l’integrazione di 170 sale.

Naturalmente mancherà il Dibattito in diretta, esclusiva dei cinema The Space.

È vero che il film sarà successivamente disponibile, da agosto, in Blu Ray per la visione casalinga. Ma l’occasione di vederlo sul grande schermo con un’audio da grande evento è un’esperienza che non si ripeterà e che vale la pena provare.

Al link seguente potrete trovare tutte le sale disponibili

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Ziggy Stardust Motion Picture: 50 anni con una nuova edizione in Blu Ray, vinile dorato e doppio CD https://www.velvetgoldmine.it/2023/06/ziggy-stardust-motion-picture-50/ https://www.velvetgoldmine.it/2023/06/ziggy-stardust-motion-picture-50/#respond Fri, 02 Jun 2023 17:33:28 +0000 https://www.velvetgoldmine.it/?p=29106 Ziggy Stardust Motion Picture 50 testata

Per celebrare il leggendario show finale di David Bowie nei panni di Ziggy Stardust, saranno pubblicate l’11 agosto delle nuove edizioni rimasterizzate in 2 CD+Blu-ray, 2 CD e 2 LP in vinile dorato a tiratura limitata di “Ziggy Stardust And The Spiders From Mars: The Motion Picture”.

Che il film “Ziggy Stardust And The Spiders From Mars: The Motion Picture”, dopo la proiezione della sua versione restaurata nell’evento globale del prossimo 3 luglio, sarebbe stato successivamente ripubblicato anche in video e formati musicali, non c’era dubbio.

Puntale, la Parlophone ha annunciato che è il prossimo 11 agosto la data in cui la versione celebrativa per i 50 anni dell’evento arriverà sugli scaffali: fisici, digitali e negli store online.

Lo farà in una bellissima nuova veste completamente dorata e in più formati: il Blu-Ray che ospiterà la versione restaurata in 4k del film e anche i due CD con la versione rimissata per l’occasione da Tony Visconti. E poi ormai l’immancabile versione in vinile, su due dischi color oro e in edizione limitata.

C’è anche una versione con solo i due CD.

LA STORIA DEL FILM

Ziggy Stardust Motion Picture: 50 anni con una nuova edizione in Blu Ray, vinile dorato e doppio CD 30
Locandina del film

Ziggy Stardust and The Spiders from Mars: The Motion Picture” è un film concerto del 1973 che documenta l’ultima elettrizzante esibizione di David Bowie nel suo iconico ruolo di Ziggy Stardust, il suo alter ego glam rock che aveva conquistato il pubblico con il suo stile innovativo e la sua musica sperimentale.

Il film, diretto da D.A. Pennebaker e pubblicato solo nel 1983, cattura l’atmosfera elettrizzante del concerto tenuto all’Hammersmith Odeon di Londra il 3 luglio 1973, durante il quale Bowie annunciò sorprendentemente la fine della sua collaborazione con gli Spiders from Mars, la sua band composta da Mick Ronson alla chitarra, Trevor Bolder al basso e Mick Woodmansey alla batteria.

Molti fan credettero che Bowie stesse annunciando il suo ritiro dalle scene, ma in realtà si trattava solo di un cambio di direzione artistica che avrebbe portato alla nascita di nuovi personaggi e progetti.

La colonna sonora del film, costituita dalle canzoni eseguite dal vivo durante il concerto, fu registrata dal produttore Ken Scott e missata da David Bowie e Tony Visconti nel 1981.

Nel corso degli anni, il film e la colonna sonora hanno subito diverse riedizioni e restauri digitali, che hanno aggiunto o modificato alcune tracce o scene. L’ultima versione prima di quella che verrà pubblicata ora, è uscita nel 2003 per celebrare il trentesimo anniversario del concerto e conteneva già del materiale aggiuntivo rispetto all’edizione originale: le introduzioni, i dialoghi e la versione completa di The Width of a Circle. Il film è un documento storico e culturale di grande valore, che testimonia l’impatto e l’influenza di Ziggy Stardust nella musica e nella società degli anni Settanta.

LA NUOVA VERSIONE

Ziggy Motion Picture 50th

Il restauro digitale in 4K della nuova versione del film è stata curata e supervisionata da Frazer Pennebaker, figlio del regista D.A. Pennebaker (suoi anche Monterey Pop, Bob Dylan – Don’t Look Back, Depeche Mode – 101) e regista egli stesso.

Oltre al restaurato digitale in alta definizione il film, e anche la colonna sonora, vedrà l’aggiunta per la prima volta del medley di “The Jean Genie/Love Me Do” e “Round And Round” insieme al compianto e indimenticabile Jeff Beck che si unì al gruppo per questi bis. Questo ultimo brano, giusto come curiosità, è alla sua prima apparizione in assoluto.

Anche la colonna sonora avrà un grande miglioramento con un nuovo missaggio e una nuova masterizzazione che, per il film, sarà in DTS-HD Master Audio 5.1.

Quindi, rispetto alla versione originale pubblicata nel 1983, questa sarà la prima versione completa dello spettacolo che accorperà alle aggiunte del 2003 anche le due canzoni con Beck.

Il restauro e il missaggio della parte audio è stata curata da Tony Visconti.

Cinquant’anni dopo quell’evento, ve lo ricordiamo, Ziggy diventerà finalmente globale con la nuova versione del film proiettata in oltre 1000 cinema in tutto il mondo.

TRACKLIST

Side 1

  1. Introduction (Incorporating: Beethoven Ninth Symphony (Arranged and Performed by Wendy Carlos)
  2. Hang On To Yourself
  3. Ziggy Stardust
  4. Watch That Man
  5. Wild Eyed Boy From Freecloud
  6. All The Young Dudes
  7. Oh! You Pretty Things
  8. Moonage Daydream

 
Side 2

  1. Changes
  2. Space Oddity
  3. My Death
  4. Cracked Actor
  5. Time

Side 3

  1. The Width Of A Circle
  2. Let’s Spend The Night Together
  3. Suffragette City

 
Side 4

  1. White Light/White Heat
  2. Medley: The Jean Genie / Love Me Do / The Jean Genie (feat. Jeff Beck)
  3. Round And Round (feat. Jeff Beck)
  4. Farewell Speech
  5. Rock ‘n’ Roll Suicide (Finale: Pomp and Circumstance by Edward Elgar)

CD 1

  1. Part 1 Introduction (Incorporating: Beethoven Ninth Symphony (Arranged and Performed by Wendy Carlos)
  2. Hang On To Yourself
  3. Ziggy Stardust
  4. Watch That Man
  5. Wild Eyed Boy From Freecloud
  6. All The Young Dudes
  7. Oh! You Pretty Things
  8. Moonage Daydream
  9. Changes
  10. Space Oddity
  11. My Death

 
CD 2

  1. Part 2 Introduction (Incorporating: The William Tell Overture by Rossini) (Arranged and Performed by Wendy Carlos)
  2. Cracked Actor
  3. Time
  4. The Width Of A Circle
  5. Let’s Spend The Night Together
  6. Suffragette City
  7. White Light/White Heat
  8. Medley: The Jean Genie / Love Me Do / The Jean Genie (feat. Jeff Beck)
  9. Round And Round (feat. Jeff Beck)
  10. Farewell Speech
  11. Rock ‘n’ Roll Suicide (Finale: Pomp and Circumstance by Edward Elgar)

Blu-Ray

  1. Opening Credits/Introduction
  2. Hang On To Yourself
  3. Ziggy Stardust
  4. Watch That Man
  5. Wild Eyed Boy From Freecloud
  6. All The Young Dudes
  7. Oh! You Pretty Things
  8. Moonage Daydream
  9. Changes
  10. Space Oddity
  11. My Death
  12. Cracked Actor
  13. Time
  14. Width Of A Circle
  15. Band Introduction
  16. Let’s Spend The Night Together
  17. Suffragette City
  18. White Light White Heat
  19. Medley: The Jean Genie / Love Me Do / The Jean Genie (feat. Jeff Beck)
  20. Round And Round (feat. Jeff Beck)
  21. Farewell Speech
  22. Rock ‘n’ Roll Suicide
  23. End Credits

GALLERIA

ACQUISTO

Le tre versioni possono essere già preordinate direttamente sul sito della Warner Music Italy ad un costo che presumiamo sia inferiore rispetto ai negozi e agli store online, ai link sottostanti.

Ziggy Motion Picture 50th vinile

€ 49,90

Ziggy Motion Picture 50th blu Ray

€ 21,90

Ziggy Motion Picture 50th CD

€ 16,90

Sono già disponibili, in pre-ordine, anche su Amazon:

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Ziggy Stardust and the Spiders From Mars: The Motion Picture torna sul grande schermo il prossimo 3 luglio in HD https://www.velvetgoldmine.it/2023/05/ziggy-motion-picture-2023/ https://www.velvetgoldmine.it/2023/05/ziggy-motion-picture-2023/#respond Tue, 16 May 2023 20:56:19 +0000 https://www.velvetgoldmine.it/?p=29092 Ziggy Stardust and the Spiders From Mars: The Motion Picture torna sul grande schermo il prossimo 3 luglio in HD 33

La riedizione del film “Ziggy Stardust and The Spiders From Mars: The Motion Picture” celebra il 50º anniversario dell’iconico concerto di David Bowie. Il prossimo 3 luglio, i cinema diventeranno il palcoscenico in cui David Bowie, nella sua incarnazione di Ziggy Stardust, tornerà a brillare.

Per celebrare il 50º anniversario di uno dei suoi momenti più straordinari, il leggendario concerto di addio di Ziggy Stardust, il film del regista DA Pennebaker che documenta quella serata storica tornerà in oltre 1000 sale cinematografiche il prossimo 3 luglio.

Ziggy Stardust and The Spiders From Mars: The Motion Picture” è stato girato infatti proprio il 3 luglio ma del 1973 presso il celebre Hammersmith Odeon di Londra. Il concerto segnò l’ultimo spettacolo di Bowie nelle vesti del personaggio alieno e androgino “Ziggy Stardust” che aveva lanciato il nostro nel firmamento più luminoso delle rock star.  

Proprio l’Eventim Apollo Hammersmith, il nome attuale dell’Hammersmith, ospiterà la una première con tanto di red-carpet. È prevista, prima della proiezione, un’esclusiva tavola rotonda sul palco con collaboratori e musicisti di Bowie che parleranno dello spettacolo originale e della risonanza pan-generazionale di Ziggy.

La decisione di Bowie di pensionare il suo celebre alter ego di rockstar extra-terrestre e di sciogliere gli Spiders From Mars fu uno shock per i fan (e anche per la band!), ma fu un momento cruciale per garantire il proprio futuro. Andare oltre Ziggy fu un primo passo cruciale nel viaggio di Bowie verso la trasformazione nell’artista inquieto, curioso e mutevole che avrebbe esercitato un’influenza ineguagliabile sulla musica, sul cinema, sulla moda e oltre. Oltre a fornire il modello per il glam rock degli anni ’70, l’impatto della breve esistenza di Ziggy Stardust è ancora presente nella cultura popolare, e ha ispirato libertà artistiche e ideologiche di cui godono ancora oggi i musicisti e la comunità creativa in generale.

Ziggy Stardust and the Spiders From Mars: The Motion Picture torna sul grande schermo il prossimo 3 luglio in HD 34
La copertina della colonna sonora

Durante la visione del film “Moonage Daydream” eravamo rimasti stupiti dalla qualità delle immagini restaurate e avevamo immaginato che sarebbe stata pubblicata finalmente un’edizione in alta definizione.

La riedizione del film include una versione rimasterizzata del concerto, che cattura l’energia e la magia di quella serata indimenticabile, con una qualità audio migliorata che promette di offrire un’esperienza coinvolgente e immersiva per i fan.

Riportare “Ziggy Stardust and The Spiders From Mars: The Motion Picture” sul grande schermo è testimonianza dell’impatto duraturo che Bowie ha avuto sulla cultura musicale e di come la sua abilità nel reinventarsi costantemente abbia ispirato e continui a farlo generazioni di artisti e di persone.

Il film sarà proiettato in diverse sale cinematografiche selezionate in tutto il mondo, e rappresenta una splendida occasione per immergersi nel suo universo artistico con tutto il sound and vision che possono offrire i cinema moderni. Per coloro che, per motivi di età, ancora non avessero avuto occasione di vedere questo documento incredibile, suggeriamo di non perdere l’occasione. Il film offre uno sguardo privilegiato su uno dei periodi più creativi della carriera di Bowie e permette di comprendere meglio l’impatto evocativo e suggestivo delle sue performance dell’epoca, sia a livello musicale sia a livello culturale.

In un’epoca in cui il digitale e lo streaming dominano l’esperienza di fruizione dei contenuti, il ritorno di “Ziggy Stardust and The Spiders From Mars: The Motion Picture” nei cinema è una bella occasione per vivere la musica in modo più intenso e condividere l’emozione con altre persone. L’esperienza di vedere un concerto su uno schermo grande, circondati dal suono avvolgente delle casse, è qualcosa di speciale che va oltre la semplice riproduzione di brani musicali.

La nuova versione del film contiene:

  • L’esibizione integrale con finalmente le scene con il chitarrista Jeff Beck, non incluse nelle precedenti uscite in DVD e nella colonna sonora, compresa la sua performance di “The Jean Genie
  • Un nuovo missaggio video in 4K completamente restaurato, supervisionato dal figlio di DA Pennebaker, Frazer, e da Chris Hegedus
  • Un mix audio 5.1 curato dal produttore Tony Visconti
  • Una durata estesa di un’ora e 42 minuti

Non resta che segnare la data sul calendario e prepararsi per questa straordinaria esperienza cinematografica che ci riporterà indietro nel tempo, per celebrare l’eredità di Bowie e lasciarci travolgere ancora una volta, come molti anni fa, dalla magia di “Ziggy Stardust and The Spiders From Mars: The Motion Picture“.

ACQUISTO BIGLIETTO

Se volete fare un salto a Londra e partecipare alla Première, al link sottostante potrete acquistare i biglietti per la serata che vanno dalle 42 alle 72 sterline. Per quanto riguarda l’elenco dei cinema nel mondo in cui sarà proiettato e le modalità di acquisto, dovrebbero essere disponibili dal 18 maggio.

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“Rock’n’Roll with Me” di MacCormack: un viaggio con Bowie https://www.velvetgoldmine.it/2023/05/rock-libro-maccormack-bowie/ https://www.velvetgoldmine.it/2023/05/rock-libro-maccormack-bowie/#respond Sun, 07 May 2023 15:11:45 +0000 https://www.velvetgoldmine.it/?p=29056 "Rock'n'Roll with Me" di MacCormack: un viaggio con Bowie 54

Il nuovo libro di Geoff MacCormack, “Rock’n’Roll with Me”, accompagna i lettori in un viaggio attraverso la carriera di David Bowie negli anni ’70, fornendo approfondimenti unici e fotografie inedite di Bowie sia sul palco che fuori. MacCormack, uno degli amici d’infanzia di Bowie e compagno di viaggio di lunga data, condivide le sue esperienze di viaggio con l’iconico musicista e fornisce una prospettiva intima sulla sua vita. Il libro di 240 pagine include una pletora di fotografie di Bowie, tra cui alcune inedite, che mostrano i suoi vari alter ego e documentano la sua vita on the road durante i tour di Ziggy Stardust e Diamond Dogs. È finalmente stato pubblicato in edizione italiana dalla Rizzoli. E contiene, come postafazione, una mail che Bowie scrisse all’amico dopo aver letto il suo manoscritto. In essa, Bowie immagina che la loro amicizia e le loro avventure musicali siano state solo un sogno e un gioco immaginario, e che in realtà siano due persone comuni che si incontrano al pub. La mail è ironica, fantasiosa e geniale, e mostra l’affetto e l’umorismo di Bowie verso il suo compagno di viaggio.

di Matteo Tonolli

"Rock'n'Roll with Me" di MacCormack: un viaggio con Bowie 55

Nella fulgida carriera di David Bowie degli anni ’70 è piacevole perdersi. Tra labirintici sentieri discografici, diffuse collaborazioni, abbondanti esibizioni live e livelli stratificati di linguaggio sia musicale che visivo, questa uscita editoriale a firma Geoff MacCormack potrebbe potenzialmente sembrare una bussola di orientamento. O, addirittura, promettere di essere una preziosa ‘fly on the wall’ di storica memoria. Dopotutto, stiamo parlando di uno dei due amici di infanzia più fedeli e con un rapporto assai duraturo nel corso dell’umana esistenza del cantante.

MacCormack crebbe a pochissimi chilometri di distanza dall’umile residenza nel Bromley della famiglia Jones, e quindi compagno di David Robert per quanto riguardava gli studi, i boy scout e i canti nella chiesa locale. Due ragazzini che frequentavano le medesime compagnie e gli stessi grigi ambienti, in una Londra degli anni ‘50 ancora in macerie per l’ultimo conflitto bellico mondiale. Accomunati dalle problematiche familiari (orfano di padre il primo, figlio di una donna perennemente accigliata e dolente il secondo) ma anche da una profonda passione per la nuova scena musicale, non solo rock. Eloquenti in questo senso le vivide rimembranze dell’autore sulla cameretta del giovane David, intrise di entusiasmo per i fumetti e i 78 giri di R&B e soul.

Quando il futuro idolo delle masse riuscì a ottenere il tanto agognato successo, vorrà proprio Geoff accanto a sé. A partire dai tour di Ziggy, nei lunghi viaggi transoceanici fino agli Stati Uniti e il Giappone, o sulle strade ferrate in direzione Mosca e di ritorno in Europa. Una fortuna e un privilegio averlo accompagnato per molte avventure professionali nel corso di una buona parte della prima metà degli anni ’70. Questo MacCormack lo chiarisce fin da subito (anche negli ‘strilli pubblicitari’ del libro): è stato un atto di generosità dell’amico. Forse perché Geoff faticava a trovare la propria strada. Forse, più egoisticamente, per avere una spalla e una figura rassicurante al proprio fianco.

Anche se talvolta MacCormack si sentiva un pesce fuor d’acqua (ottenendo risposte seccate da Mick Jagger o riuscendo a offrire a malapena una birra a Catherine Deneuve), non se ne stava però con le mani in mano. Mentre condivideva assieme a David l’entusiasmo dei primi viaggi in America e nel resto del mondo, gli faceva da assistente e letteralmente da tuttofare: organizzava i viaggi, cantava nei cori e suonava alcune percussioni durante le esibizioni dal vivo, ballava ed eseguiva alcune coreografie abbastanza complicate nel Diamond Dogs Tour e, soprattutto, nel frattempo fotografava. È questo naturalmente l’aspetto più interessante del volume in questione, in origine per l’inglese ACC Art Books e tradotto per il mercato italiano da Rizzoli Lizard. Ben oltre il periodo 1973-1976 al quale erano dedicate le pagine e le notevoli fotografie del costoso From Station to Station (edito in tiratura limitata dalla Genesis Publications oltre quindici anni fa).

Accanto alle istantanee ufficiali e in alta definizione, tanti scatti in bassa risoluzione o addirittura polaroid, ma l’unica occasione per osservare Ziggy o gli altri alter ego negli studi di registrazione, sui palchi, nelle stanze d’albergo, dentro le cabine di una nave o su di un treno in giro per il mondo, sul set del film di Nicholas Roeg in Nuovo Messico, in compagnia di altri musicisti, roadie, colleghi e collaboratori… Il numero di foto inedite è assolutamente ragguardevole, tra esse quella di Bowie che firma autografi dal finestrino di un treno a Roma in occasione della breve vacanza laziale del 1973 oppure quella dell’esibizione improvvisata sul Felix Dzerzhinsky, il battello sovietico salpato da Yokohama in direzione Russia.
Oltre a diverse immagini dei due amici in compagnia nei luoghi più disparati, abbiamo la possibilità di osservare le istantanee di persone, paesaggi e ambienti che l’artista Bowie incontrava nel suo peregrinare, e che possiamo supporre siano stati materia di profonda ispirazione e condizionamento, di certo significativi per un personaggio curioso e avido di esperienze quale lui era (non ultimo il viaggio transiberiano).

"Rock'n'Roll with Me" di MacCormack: un viaggio con Bowie 56
Geoff MacCormack oggi

Per quanto riguarda la biografia scritta, non possiamo non notare il notevole lavoro di sottrazione del suo autore. Sono davvero molti gli episodi narrati, spesso curiosi, aneddotici e spassosi – Geoff mantiene alta l’attenzione infarcendo le vicende di una vivace ironia. I due avevano un rapporto davvero fraterno, cameratesco e ironico. Ma l’impressione è che ci siano state donate solo le briciole. D’altronde questo è chiarito fin da subito anche nella prefazione del pittore George Underwood, l’altro amico d’infanzia che compare di tanto in tanto come elemento fondamentale della loro triplice amicizia.
In nessun altro volume o biografia dedicati all’artista troverete la possibilità di ‘spiare’ così da vicino Bowie, rivivere alcuni significativi episodi della sua carriera e del suo privato. Dobbiamo ringraziare proprio MacCormack se David indossò una vestaglia del negozio di abbigliamento Mr. Fish sulla copertina di The Man Who Sold The World, oppure per i cori di Golden Years. Eppure, nonostante questo prezioso punto di vista, si ha spesso l’impressione che gli eventi più ragguardevoli e i dettagli più succulenti siano accaduti nella stanza accanto, appena al di là dello sguardo e della prospettiva dell’amico. Naturalmente si accennano a generosi incontri con l’altro sesso e all’assunzione di sostanze affatto legali, ma tutto viene volutamente lasciato ai margini, senz’altro per doveroso rispetto, discrezione ed eleganza narrativa, ma occasionalmente per mancanza di lucidità o interesse (in molte vicende Geoff c’era, ma impegnato in altro). Mai approfondito il rapporto la prima moglie Angela Barnett e non citata la figlia Alexandria, solo accennate le beghe legali con la MainMan di Tony Defries, mentre in qualche modo il loro rapporto d’amicizia culmina artisticamente con la fortuita scrittura di Rock’N’Roll With Me, il brano che da il titolo a questo libro.

Soprattutto dopo il 1976 le vicende biografiche dei due amici prendono il sopravvento una sull’altra, colmando il non detto e il non dicibile. Per alcuni sarà assolutamente trascurabile la carriera discografica virata ai jingle pubblicitari e agli accompagnamenti sonori televisivi di MacCormack, ma per i più curiosi risulteranno assai rilevanti le sue testimonianze in occasione del matrimonio fiorentino con Iman, gli incontri a Londra, Montreux e New York negli anni ‘90 o quelli durante il ritiro mediatico.
E poi, proprio alla fine del volume, un piccolo coup de théâtre. Se poche pagine prima ci si commuove leggendo i saluti di David sottesi tra le righe delle ultime frasi scritte al computer prima della propria morte e il ringraziamento liberatorio di Geoff affidato all’uscita editoriale, ecco che Bowie ci sorprende ancora una volta con un atto imprevedibile. Nell’ultima pagina viene presentata la trascrizione di una sua mail tanto ironica e fantasiosa quanto narrativamente geniale. Nel commento al bozzetto del manoscritto dell’amico l’ipotesi che tutto sia stato un sogno e un’illusione, un gioco immaginario ed effimero portato avanti forse oltre il tempo massimo, ma sul quale è ancora divertente ricamare nuovi dettagli (che sono invece rivelazioni per noi). Una realtà alternativa totalmente impossibile per un dentista e un meccanico che poche ore più tardi si potrebbero fare due pinte di birra nel pub sotto casa.

GALLERIA

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Il libro si trova nelle migliori librerie e anche online. Ecco il link per acquistarlo su Amazon:

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LAVORI IN CORSO https://www.velvetgoldmine.it/2023/05/lavori-in-corso/ https://www.velvetgoldmine.it/2023/05/lavori-in-corso/#respond Sun, 07 May 2023 06:00:00 +0000 https://www.velvetgoldmine.it/?p=29087
LAVORI IN CORSO 74

Come avrete potuto notare, al momento ci sono parecchi problemi sulla home page del sito, che non mostra le immagini, e in altre parti. Vi ringraziamo delle segnalazioni e vi tranquillizziamo: stiamo lavorando a una nuova versione del sito ancora più bella e funzionale. 

Si tratta quindi di lavori in corso. Ci scusiamo del disagio.

Daniele e Paola

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"Lazarus" il musical di David Bowie trionfa in Italia tra pregiudizi e rivelazioni 76
Foto Fabio Lovino

Il musical “Lazarus” di David Bowie, nel suo adattamento italiano curato da Walter Malosti, è in tour. Abbiamo avuto l’occasione di vederlo e il nostro giudizio è stato positivo. Ce lo racconta Luca Maffei, che ha incontrato anche il regista e scoperto che Bowie non era del tutto soddisfatto della prima messa in scena. E che avrebbe voluto scrivere molti più brani.

di Luca Maffei

Abbiamo visto Lazarus e abbiamo avuto anche la fortuna di scambiare qualche parola col regista Valter Malosti. L’occasione è stata al termine dell’incontro col pubblico organizzato al Teatro Storchi di Modena lo scorso 1 aprile. In questo articolo troverete un resoconto completo e non lineare della giornata.

Lazarus Musical italia Bowie Locandina Teatri

Every man has a black star

a black star over his shoulder

And when a man sees his black star

He knows his time, his time has come

Elvis Presleys – Blackstar

Si alza il sipario. Bastano pochi istanti per capire che questa nuova trasposizione di “Lazarus” ha colto un punto importante. Thomas Jerome Newton è solo. Sprofondato su una poltrona nella penombra del suo appartamento. Gli schermi televisivi attorno a lui trasmettono l’immagine di Elvis Presley, mentre echeggia un frammento della sua Blackstar.

Lazarus Bowie Italia Musical Agnelli

Non sarà l’unico riferimento all’ultimo, fondamentale, album di David Bowie: un teschio su un tavolino, una tuta da astronauta, una piccola stella nera al collo di Newton/Manuel Agnelli. Sono tutti elementi che testimoniano il legame stretto e innegabile che unisce le ultime due opere del compianto Duca Bianco.

Un “Lazarus” che, lungo tutti i suoi 120 minuti di durata, sembra più vicino, nella messa in scena, nel tono e nelle coreografie dei balli, agli ultimi due videoclip di Bowie (Blackstar e Lazarus, appunto) che alla prima rappresentazione minimalista portata in scena da Ivo Van Hove.

Un “Lazarus” che non ignora l’elefante nella stanza: David Bowie stava morendo mentre lavorava a questo progetto. E questo si vede e si percepisce, oltre che a essere evidente nelle battute dei personaggi.

Pochi minuti prima dello spettacolo abbiamo incontrato il regista Valter Malosti, col quale abbiamo parlato del lungo percorso che ha portato alla versione definitiva di “Lazarus“. Un viaggio iniziato nel 2005, quando Bowie e l’amico produttore Robert Fox acquistarono i diritti per una trasposizione teatrale di The Man Who Fell To Earth di Walter Tevis. Viaggio poi proseguito a singhiozzo per i successivi dieci anni, nei periodi in cui il cuore fragile di Bowie gli permetteva di lavorare serenamente. Mentre prendeva forma, durante il decennio del silenzio, questo non-musical, la storia verteva sull’incontro tra Newton e la reincarnazione (vera o presunta?) della poetessa Emma Lazarus in una trama incongruente che vedeva il ritrovamento di una serie di canzoni perdute di Bob Dylan e una banda di Mariachi messicani sullo sfondo.

Lazarus Bowie Italia Musical Casadilego

Nella sua versione definitiva, scritta da Enda Walsh sotto la guida di Bowie, “Lazarus” è (forse) la storia della mente di un uomo che va in frantumi durante i suoi ultimi momenti di vita. T. J. Newton è chiaramente David Bowie, ma potrebbe essere anche ognuno di noi (da qui il gioco di parole, nella locandina originale, in cui si evidenziavano le lettere US di “Lazarus“). Giunto al termine della sua esistenza terrena, l’uomo che cadde sulla terra subisce un tiro mancino da parte della sua psiche devastata: l’illusione di una possibilità di fuga, la costruzione dal nulla di un razzo che lo riporterà tra le stelle. I fantasmi che gli fanno visita nel corso del racconto, in una sorta di Canto di Natale contemporaneo, sono proiezioni della sua mente che hanno l’obiettivo di fare emergere i ricordi dei momenti più disparati della sua vita.

E così “Lazarus” diventa un racconto non lineare, una collezione di frammenti di memoria che viaggiano da momenti di grande intensità ad altri di quasi totale futilità, dalla dolcezza infinita di una ragazza senza nome che ricorda tanto la Baby Grace Blue di outsideiana memoria, alla furia distruttrice di un serial killer invadente e logorroico.

Valter Malosti sembrava quasi predestinato a portare “Lazarus” in Italia. Amico di lunga data di Enda Walsh, del quale ha già trasposto altre opere nel nostro Paese, ha provato ad assicurarsi i diritti per la trasposizione italiana fin da quando il musical è andato in scena la prima volta. Quando gli eredi di Bowie hanno cercato informazioni su di lui è stato lo stesso Walsh a fornirle e a dare la benedizione al progetto. Il percorso per assicurarsi i diritti di trasposizione è stato complicato: la Bowie Estate ha voluto infatti visionare la traduzione della sceneggiatura (a sua volta ritradotta in inglese e confrontata con l’originale!) prima di dare l’ok al progetto. Un altro requisito fondamentale per poter portare l’opera da noi è che dovesse essere rappresentata nei teatri tradizionali e non nei teatri da musical.

Quando gli chiediamo se può dirci dove finisce il lavoro di Bowie e dove comincia quello di Walsh, il regista ci risponde che è impossibile stabilirlo. Si tratta di un’opera realizzata a quattro mani in ogni aspetto.
Durante l’incontro col pubblico nel pomeriggio, dove Massimo Cotto ha intervistato Manuel Agnelli e Malosti, siamo rimasti molto colpiti da una notizia in particolare: pare infatti che Bowie non fosse completamente soddisfatto della messa in scena minimale adottata da Van Hove nel 2015. Nonostante la ritenesse eccessivamente fredda, non ha voluto interferire minimamente con le decisioni del regista, dimostrando fino alla fine una classe superiore alla media.

Quindi com’è la versione italiana di Lazarus?

Non è una semplice riproposizione del lavoro di Van Hove coi testi adattati in italiano. È una rilettura che non teme di discostarsi da quanto già fatto in passato e che trova i suoi momenti di maggiore splendore proprio quando compie le scelte più coraggiose. La gestione del palco per la messa in scena dei luoghi del racconto è simile (siamo sempre nell’appartamento di Newton, c’è sempre l’escamotage degli schermi televisivi per mostrare situazioni che si svolgono altrove e sono sempre presenti i musicisti sul palco); la scenografia non potrebbe però essere più lontana da ciò che già conoscevamo. È una casa buia, opprimente, piena di oggetti, molto più vicina alla casa ideale di un soggetto come T. J. Newton rispetto all’appartamento scintillante visto in passato. Una pedana rotante fa intuire al pubblico l’instabilità mentale del protagonista fin dai primi istanti, mentre Agnelli intona la title track con una passione che toglie ogni dubbio al minuto uno.

Lazarus Bowie Italia Musical Agnelli geisha It's no Game

La performance degli attori è costantemente accompagnata da un ottimo lavoro di sound design e da opere di videoarte che scorrono sugli schermi installati sul palco, riempiendo ulteriormente la scena e l’occhio dello spettatore. La band, composta da sette elementi, si integra perfettamente nella scenografia e rende pienamente giustizia ai diciassette brani che compongono la colonna sonora dello spettacolo. Anche in questa versione di Lazarus i fan potranno ascoltare la voce di Bowie direttamente in scena, in due diversi momenti (il grido “shut up!” al termine della bellissima It’s No Game e un frammento di D.J. durante uno dei momenti clou).

Malosti ha le idee chiare sulla strada da percorrere. Adatta il testo alla propria visione, come un regista dovrebbe sempre fare, senza paura di cambiare l’ordine delle canzoni (When I Met You è il secondo brano anziché il penultimo e non c’è niente da dire: funziona meglio così) oppure i momenti in cui le stesse iniziano (“Lazarus” parte all’inizio dello spettacolo e non dopo i primi dialoghi). Ma anche cambiare i personaggi che le devono cantare, con il risultato che anche chi conosce già molto bene il testo originale rimane sorpreso per tutta la durata. Rispetto alla versione in scena a Londra vengono eliminati alcuni momenti. Viene però ripescato un episodio terribile presente nella versione del 2015 e non riproposto in quella dell’anno successivo.

Malosti Lazarus Musical Bowie Italia

Il maggiore merito del regista è quello di avere valorizzato al meglio la natura dell’opera. “Lazarus” infatti è incompiuto. Come i migliori testi di Bowie, che spesso neanche un madrelingua riesce a decifrare fino in fondo, è un’opera palesemente incompleta. Il suo fascino risiede proprio in questo aspetto. La gestazione è stata molto lunga e Bowie non ha mai smesso di apportare modifiche al testo: è facile immaginare che, se avesse avuto più tempo a disposizione, avrebbe continuato a lavorarci spingendosi in chissà quali territori.

Quello che ora sappiamo per certo, è che aveva previsto di comporre un maggior numero di brani originali per l’opera, ma le precarie condizioni di salute non gli hanno concesso di lavorare ai ritmi desiderati. Nell’adattamento italiano, il senso di incompiutezza e le lacune da colmare con la propria fantasia sono forse l’aspetto più stimolante. La soddisfazione maggiore è stata vedere la straordinaria reazione del pubblico (vasto, eterogeneo e coinvolto oltre ogni più rosea aspettativa) sia durante che alla fine dello spettacolo.

Non era affatto scontato, data la natura dell’opera.

L’aspetto che forse interessava i fan del Duca Bianco era però quello delle performance canore e recitative. A chi era scettico nei confronti di Manuel Agnelli e Casadilego in quanto “solo” cantanti possiamo solo dire che, fortunatamente, Nicolas Roeg non si pose questo problema quando scelse una rockstar come protagonista di L’uomo che cadde sulla terra.

Agnelli (alla prima prova come attore) si approccia alla materia con grande umiltà, canta senza cercare di imitare Bowie e porta a casa delle interpretazioni pienamente convincenti per ognuno dei brani, raggiungendo vette altissime in Lazarus, Where Are We Now e Absolute Beginners. Il suo è un Newton rabbioso e scorbutico, cupo come non eravamo abituati a vederlo e lontanissimo da quello di Michael C. Hall: all’inizio respinge in ogni modo i fantasmi/le allucinazioni che gli fanno visita, salvo poi iniziare ad aprirsi e lasciarsi progressivamente catturare dalla spirale della propria follia. Il suo arco narrativo è semplicemente perfetto.

La maggiore sorpresa però è Casadilego nei panni di Marley, molto più terrena rispetto a Sophia Ann Caruso: le sue interpretazioni di No Plan e, soprattutto, di Life On Mars? restano impresse a lungo dopo la visione. Valentine è impersonato invece da Dario Battaglia, che ricorda molto Andy Warhol nel look e convince in pieno sia nella sgradevolezza del personaggio che nelle sue interpretazioni di tre dei brani migliori di The Next Day: Love Is Lost, la brechtiana Dirty Boys e la ciliegina sulla torta Valentine’s Day, uno degli highlights della serata. Chiude il quartetto dei protagonisti Michela Lucenti nei panni di Elly, l’assistente di Newton posseduta da Mary Lou, vecchio amore del protagonista: ottima nel rendere palese la follia del personaggio coi movimenti del corpo, un po’ meno convincente nell’interpretazione di Changes e Always Crashing In The Same Car, gli unici due brani che soffrono un po’ dei nuovi arrangiamenti, perfetti e mai banali in tutti gli altri casi.

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Fedele alla volontà di David Bowie, questo nuovo “Lazarus” è un’esperienza di teatro totale che si contamina con la musica dal vivo, la danza e la videoarte per dare al pubblico un’esperienza nuova e mai banale. Non è l’unico “Lazarus” possibile, ma ci insegna che testi come questo esistono allo scopo di essere reinventati ogni volta da chi li mette in scena, acquisendo nuove sfumature e nuovi significati a ogni rilettura. Una scommessa vinta sotto tutti i punti di vista.
Non ci resta ora che incrociare le dita e sperare in un DVD e in un album della colonna sonora, in modo da lasciare una traccia permanente di questa iniziativa. Chissà che la futura visita di Robert Fox in Italia per assistere a una data dello spettacolo non apra scenari interessanti in tal senso.

Per chi fosse interessato ad approfondire ulteriormente il mondo di “Lazarus“, possiamo annunciare però che La Nave di Teseo pubblicherà prossimamente la sceneggiatura dell’opera, in un’edizione curata da Malosti e da Enda Walsh. Si tratterà di una versione diversa dal libretto già pubblicato in lingua originale alla fine del 2016, che conteneva le indicazioni di regia e messa in scena di Ivo Van Hove: in questa versione ci saranno solo i dialoghi e quei pochi elementi scenografici già presenti nel testo originale di Walsh. Probabilmente si tratterà della pubblicazione in assoluto più vicina al testo concepito da Bowie, e noi non vediamo l’ora di perderci nella lettura.

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