Qual è il rapporto tra David Bowie e le classifiche italiane? Walter Bianco ci guida tra i numeri non troppo lusinghieri in considerazione della statura del personaggio!
Diciamocela tutta: David Bowie non ha mai goduto di un grande successo in Italia, certamente non corrispondente alla sua statura artistica.
I motivi possono essere vari: una certa lontananza di “feeling” tra il pubblico nostrano ed il tipo di musica proposta da Bowie; l’essere emerso in un periodo in cui in Italia erano altri i generi più seguiti. Fatto sta che, in cinquant’anni di carriera, e con 28 album di studio, Bowie è riuscito solo una volta a raggiungere la prima posizione nella top 10 settimanale e ad entrare nella top 20 annuale degli album al 16° posto, ed è stato col suo ultimo album, Blackstar, evidentemente sulla scia dell’emozione provocata dalla sua scomparsa.
Prima di allora i due album che hanno raggiunto la più alta posizione in classifica, sono stati The Next Day, che ha toccato la seconda posizione, nel 2013, e, udite udite, Never Let Me Down, che, nel 1987, forse anche grazie al primo tour italiano di Bowie, toccò la quarta posizione, anche meglio del best seller di quattro anni prima, Let’s Dance, che nel 1983 arrivò al quinto posto. Ma se andiamo alle chart annuali, The Next Day si è piazzato 39° e Let’s Dance 35°. Solo un po’ meglio fece Never Let Me Down col suo 24° posto.
In quest’ottica, un grosso successo fu l’antologia Fame and Fashion che, nel 1984, nel periodo di maggior successo commerciale di Bowie, raggiunse il quinto posto ed a livello annuale il trentesimo.
Quello stesso anno, Tonight raggiunse il settimo posto, ma a livello annuale si piazzò solo 59°, rivelandosi evidentemente un fuoco di paglia.
Considerato il genere musicale ed i precedenti, si può dire invece che i Tin Machine, col 50° posto nelle chart annuali e il piazzamento migliore all’11° posto, non si sono comportati male.
Negli anni 70 si può dire che l’album di maggior successo sia stato Aladdin Sane con il suo 8° posto come miglior piazzamento, ed il 33° posto nella classifica annuale. Nessuna traccia di The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders From Mars, Hunky Dory (nonostante la presenza della tanto celebrata Life on Mars?) e, manco a dirlo, degli album precedenti.
Un pezzo da 90 come Diamond Dogs non arrivò oltre il 16° posto e, a livello annuale, si piazzò in una modesta 55° posizione.
Quanto ai “golden years” americani, non hanno fatto alcuna breccia qui da noi, se è vero che di Young Americans non c’è traccia nelle classifiche, e Station to Station raggiunse appena la 16° posizione come miglior piazzamento (64° a livello annuale).
Della cosiddetta trilogia berlinese, l’unico ad avere un certo successo fu “Heroes”, che raggiunse) l’undicesimo posto in classifica ed il 42° posto a livello annuale. Di Low, così come di Lodger e Scary Monsters non c’è alcuna traccia nelle prime 70/80 posizioni.
Dopo il discreto successo conseguito negli anni 80, gli anni 90 per Bowie sono stati un disastro dal punto di vista commerciale in Italia. Il risultato migliore fu quello del suo ritorno solista dopo la parentesi dei Tin Machine, con Black Tie White Noise, che raggiunse la sesta posizione come piazzamento massimo, ma a livello annuale raggiunse solo il 45° posto. A seguire, solo l’antologia ChangesBowie, raggiunse il 41° posto nelle chart annuali e l’11° posto come miglior piazzamento.
Outside, il capolavoro Bowieano degli anni 90, non è entrato nemmeno in top 100, e lo stesso dicasi per Earthling, del 1997.
Solo “Hours…” fece capolino al 9° posto in classifica, ma a livello annuale non andò oltre il 60° posto. Del tutto ignorati gli album del 2000, Heathen e Reality, che mancano anche l’obiettivo della top 100.
In definitiva dunque in Italia Bowie ha avuto un discreto successo commerciale solo negli anni 80 e nell’ultima fase della sua carriera, con l’acuto finale di The Next Day e soprattutto Blackstar, aiutati il primo dall’effetto sorpresa del ritorno, ed il secondo dalla prematura ed imprevista scomparsa dell’artista, questo dopo un ventennio, negli anni 90/00 in cui il nome Bowie è pressoché scomparso dalle classifiche italiane. Gli anni 70, tanto giustamente celebrati, hanno portato a Bowie in Italia solo dei modestissimi successi.
Questo spiega anche come mai molta gente abbia riscoperto, o conosciuto per la prima volta David Bowie solo dopo la sua morte.
E spiega anche una certa sensazione di smarrimento da parte degli appassionati più fedeli, allorché hanno visto il loro artista preferito diventare un nome conosciuto a tutti, da che era per lungo tempo stato, ed era tornato ad essere dopo gli anni 80, un fenomeno di nicchia, un po’ per scelta, un po’ per necessità.
Walter Bianco