David Bowie, Rock&Folk, luglio 2002

David Bowie, Rock&Folk, luglio 2002 1A 55 anni, il rappresentante del glam, promossosi poi compositore camaleonte, propone Heathen, il suo album forse più diretto e esplicito degli ultimi anni. E’ nel momento in cui le influenze fantascientifiche di David Bowie si mescolano a ogni piega della musica contemporanea che l’uomo si mostra una volta per tutte disponibile e aperto. Un incontro con l’artista pop più importante della storia non si rifiuta. Bentornato Duca Bianco allora…

Come da un incantesimo serpentino, David Bowie spunta da dietro la pesante tenda grigia dietro la quale si era nascosto al nostro arrivo. Vestito di marrone, mocassini Prada, la situazione scivola in una risata spaziale; una rock star, vera. Allontanatosi dalla BMG e dalla Virgin dopo alcuni album sperimentali, Bowie ritorna, in forma smagliante e pieno di progetti. Farà un tour negli Stati Uniti con Moby, sarà a Nimes il 14 luglio (forse sarà all’Olympia qualche giorno prima) e l’11 giugno è uscito un album che la stampa inglese – di solito poco incline alla delicatezza con i vecchi eroi di ieri – ha coperto di stelle e apprezzamenti. Due ore durante le quali, di volta in volta teso, imperiale, beffardo, dispettoso, attento, Bowie riannoda il filo tra la sua biografia e il vostro redattore capo. La carriera di questo musicista fondamentale, i nostri lettori lo seguono da Hunky Dory. Ma oggi Bowie ha 55 anni. Un brutto affare, per alcuni quasi da vergognarsene.
Il contesto di Heathen: registrato nel settembre 2001 da musicisti letteralmente in fuga da una New York bombardata, l’album beneficia di considerevoli contributi (Pete Townsend, Dave Grohl), offre alcune cover (Pixies, Neil Young). Sono stati annunciati remix degli Air e di MobyHeathen è quindi il calcio violento di un artista esasperato dalla sua epoca, che alla fin fine si permette il lusso di canzoni dirette dopo anni di cut-up intriganti. Soprattutto, dopo 26 album, Heathen è l’occasione per ritrovare un gigante che lavora oramai da solo, per la sua etichetta Iso. Con gli inviati di Rock&Folk, Bowie si mostra disponibile. Facile all’humour tagliente, il collezionista d’arte, il padre di famiglia in una situazione di perfetta felicità, sposato da dodici anni con una delle donne più belle del mondo, ci offre thé, succo di frutta e simpatia prima di alzarsi in volo non su Heathen ma sul disco seguente Toy che potrebbe essere uno dei suoi progetti più incredibili, il seguito iperbolico del tanto amato Pinups, niente meno.. Davvero incredibile.. nel momento in cui l’influenza di Bowie si fa sentire negli angoli più reconditi del cosmo pop, dalla techno al garage, il leone che si dichiara estenuato dalla eterna lotta con i ragionieri che gestiscono l’industria del disco, trova il coraggio di ritornare in pubblico con due capolavori e di prendersi il tempo per una lunga intervista (che abbiamo trascritto quasi integralmente). Bowie prevede che le radio non passeranno il suo singolo e non faranno girare più clip. Come ha detto lui in un pesante silenzio dopo un colloquio viscerale e a cuore aperto: “Conto su di voi…“. Comandante, eccoci qua…

Inizio dell’intervista, New York City, ore 14,45
Rock&Folk: L’anno scorso dovevamo incontrarci per parlare di quel disco .. Toy. Alla fine invece siamo qui per un disco che si chiama Heathen. Che è successo?
David Bowie: Appena arriva il tecnico, vi faccio ascoltare qualche pezzo di Toy. Vi ho preparato un sacco di prelibatezze. Toy è favoloso, l’adoro.
R&F: Come mai è in stand-by
DB:
 Non avevo voglia di darlo alla Virgin. E Heathen doveva uscire prima perché rappresenta il mio lavoro attuale. Toy è fatto di brani scritti trent’anni fa, possono aspettare ancora qualche mese prima di uscire. 
R&F:
 Quando lo sentirai..
DB: Esattamente. E’ un disco che sorprenderà tutta la gente che non si aspetta assolutamente che sia così bello. Ci tengo a farvene ascoltare qualche estratto, anche alcuni inediti delle sessions di Heathen
R&F:
 Qual è la ragione della rottura con la Virgin
DB:
 (con ironia) Con chi? 
R&F:
 La vostra vecchia etichetta, la Virgin Records
DB:
 Quella etichetta è diventata assolutamente orribile. Quelle persone sono state davvero spaventose durante i due anni che hanno preceduto la mia dipartita. Tutto si è bloccato, non c’era più accordo. 
R&F:
 Abbiamo letto in rete che hai incontrato un “uomo d’azienda” di troppo. Questa rottura è un fatto di persone? 
DB:
 Credo che sia stato un insieme di cose. Ne avevo davvero abbastanza di incontrare dei quadri che non sapevano quello che facevano. 
R&F:
 E che non sapevano chi era David Bowie.. Ti hanno mancato di rispetto? 
DB:
 No, no, non anticipare quello che potrei dire. Nancy Berr(ex vice-presidente della Virgin) sapeva molto bene chi era David Bowie, era piena di entusiasmo. E’ piuttosto la struttura della Virgin che deve essere rivista: questa azienda è diventata completamente incapace di fare correttamente quello che si suppone dovrebbe fare: promuovere e vendere i dischi. E a poco a poco, i grandi artisti non hanno più interlocutori. E’ terribile, veramente triste, se paragonato alla vivacità che caratterizzava quelle persone quando le ho rincontrate nella metà degli anni ’90. E’ il motivo per cui mi sono ripreso Toy e Heathen e sono atterrato qui. 
R&F:
 Un po’ prima del nostro ultimo incontro, Hours era disponibile in rete.. avevi un progetto di pubblicare un album live disponibile solo in rete. Tre anni più tardi, sei ritornato a cose più semplici creando una etichetta indipendente distribuita da una major.. 
DB:
 Per quanto riguarda l’album con i miei pezzi dal vivo, il progetto Live & WellVirgin mi ha lasciato lavorare per nove mesi prima di dirmi che il progetto non si poteva sviluppare. Durante questo stesso periodo di tempo, avrei potuto registrare un nuovo album! Sono le cose come queste, un milione di problemi accumulati, che hanno portato alla rottura. Era totalmente ridicolo. Poi la società ha iniziato ad avere seri problemi anche con altri artisti e mi sono alla fine accorto che la Virgin non era un bel posto in cui stare. Non ho mai avuto bisogno di un co-autore.

Non ho mai avuto bisogno di un co-autore
R&F: Ma non è un po’ folle mettere su una propria etichetta nel 2002, anche se si è David Bowie? 
DB: Non lo so. Ci sono due artisti che vorrei recuperare ma hanno già un contratto. 
R&F:
 E’ probabile che noi ne conosciamo uno dei due…
DB: Si è possibile. Infatti ho bisogno di loro per rendere la Iso completamente autonoma. Ma sono soddisfatto di come vanno le cose. Le voci corrono, forse non così veloci come io vorrei ma sono davvero coinvolto da questa luna di miele con quelli della Columbia. 
R&F:
 Momenti che non durano per sempre… 
DB:
 Si vedrà. La loro struttura, il lavoro svolto su altri album sembra molto più coerente di quanto avevo mai visto prima. La forza propulsiva di questa etichetta è Don Jenner, un personaggio che io adoro e che incarno tutto quello che io amo di New York. Amo la gente di New York perché non se la racconta. Prima di incontrare Jenner, pensavo che avrebbe apprezzato alcuni brani di Heathen e poi alla fine gliene sono piaciuti degli altri, Sunday e The Angels Have Gone. Sono desolato ma, per qualcuno che lavora nel mondo del disco, questo signore ha davvero buon gusto. In generale, quella gente ha in testa la radio ma la Columbia ha sempre avuto come punto d’onore la difesa dei suoi artisti storici, come Dylan o Springsteen. Sono rimasto impressionato nel vedere fino a che punto questa persona era capace di individuare un buon pezzo. Ed è il capo di una major…
R&F: Forse viene dal pianeta Marte. 
DB:
 (ride) Lassù qualcuno ama la musica? Non c’è solo polvere rossa?
R&F: Hai superato oramai i venti album, il cinismo del mestiere non è più un segreto per te, e si dà il caso che questo album sia molto bello, molto umano. Che si nasconde dietro questo titoloHeathen
DB:
 Questo titolo ha una buona impronta. L’album non doveva avere un concetto particolare, né una linea tematica. All’inizio non era che una raccolta di pezzi che giudicavo molto buoni e che avevo scritto nel giro di due anni. Ma avvertivo che c’era un senso. Un legame che teneva questi titoli che non riuscivo a identificare come qualche cosa di evidente. La canzone Heathen è stata composta a Glen Tonche e ho subito capito che sarebbe stato un buon titolo per l’album perché, più la composizione andava avanti, più il titolo mi si imponeva. Alla fin fine, la maggior parte dei brani gira intorno a una idea fondamentale.. La parola Heathen è interessante perché rimanda a molti significati: quello del dizionario, qualcuno che rifiuta di aderire alla tradizione giudaico-cristiana, ma ha anche altre sfumature: un essere che distrugge, un filisteo che disprezza la società. Tutti questi significati si aggiungono al simbolismo di un titolo che si presume incarni un insieme di canzoni che girano intorno ai concetti di terrore, vendetta, abbandono, per farla breve, i miei temi abituali(scoppio di risate generale). 
R&F:
 Sei sempre alla guida del tuo diabolica navetta spaziale (risate) 
DB:
 Esattamente!
R&F: Una delle cose che dà soddisfazione, oggi, a quelli che amano la tua musica, è vederti tornare senza un co-autore.
DB: (ironico) Non ne ho mai avuto bisogno. 
R&F:
 Siamo d’accordo con te, ma ne hai avuti negli ultimi dieci anni… 
DB:
 Penso che tu faccia riferimento a Reeves Gabrels, effettivamente onnipresente in Hours. Infatti, aveva bisogno di denaro e non mi ha disturbato il fatto che abbia composto un album assieme a me. Non è che avessi veramente bisogno di lui, anche se scrive bene ed è un eccellente musicista. Infatti gli ho chiesto “Vuoi farlo con me, vuoi scrivere un album insieme a me?” e lui mi ha risposto “Siiii!”.
R&F:
 Disperatamente? 
DB:
 Non lo era di certo all’inizio ma ho compreso subito che aveva dei problemi da risolvere. Per quanto riguarda Outside, arrivai alla conclusione che, dal momento che il disco era sperimentale, volevo che nessuno ne fosse leso. Chiunque dentro al brano al momento della sua elaborazione firmava insieme a me. Più interventi hanno dato così la possibilità di recuperare un po’ di denaro in diritti d’autore, tanto meglio per loro. 
R&F: Heathen segna il ritorno di Tony Visconti alla console. 
DB:
 Sono felice di essere tornato a lavorare con lui. Lavoro raramente con persone più vecchie di me (risata generale). No, è geniale. E’ sempre un italiano (ride)… 
R&F:
 Di Brooklyn. 
DB:
 Certo, un italiano di New York. Più seriamente quello che voglio dire è che lui ha sempre una sensibilità per le canzoni, un’attenzione e un’empatia per la buona melodia, e sa come arrangiarla. E come musicista è altrettanto favoloso: le sue parti di archi sono incredibili e rimane un bassista sublime. Mi conosce. E’ di quelli che non ignorano fino a che punto io so sempre molto bene ciò che voglio prima di entrare in studio. E lui sa aiutarmi e contemporaneamente instaurare un clima che mi mette a mio agio e mi rende prolifico ed efficace. Prendi Brian Eno, Non so mai davvero perché è un buon elemento dal momento che non sa suonare. Tutto viene principalmente dal modo in cui parla. Installa ed esprime i suoi parametri attraverso le parole, articola dei nuovi metodi ma il suo modo di comportarsi è banale: questo è davvero interessante. Cercate bene, il drum’n’bass c’è. 

Cercate, c’è del drum’n’bass…
R&F: Con Tony, hai forse il meglio di due mondi: delle splendide opportunità artistiche e un suono da far svenire. Non abbiamo mai pensato di restare un giorno impressionati dal suono della batteria di David Bowie e questa volta ne è proprio il caso. 
DB:
 Il suono di Heathen è meraviglioso. Davvero, Tony è un buon partito, potrebbe rendere felici molte donne (ride)
R&F:
 Più seriamente, se Sunday è uno tuoi pezzi più belli, viene spontaneo domandarsi quale radio la passerà. 
DB:
 Nessuna! Nessuna! Sono persuaso che molti si sono avventati su questo disco per saper quali pezzi potevano essere un singolo e io dico loro di non perderci la testa; potrebbe essere che non ce ne siano. Ma occorre constatare che io non sono un artista da singoli, ma un artista da album. Qualunque sia la base dei miei fans, sono sicuro che la pensano nello stesso modo. Spero quindi che qualche brano passi in radio, che qualcuno le canti a orecchio, perché so che l’album è abbastanza buono per questo. Penso che se la gente avrà l’opportunità di ascoltare questo album, rischierà di piacergli. Come? Non lo so. Conto di mettere degli estratti delle canzoni su Bowienet, una specie di jukebox che permetterà di ascoltarne un pezzo e di farsene un’idea. 
R&F: Heathen 
è un disco che si rivela un po’ di più a ogni ascolto. Noi lo ascoltiamo due volte al giorno da un mese e, a ogni ascolto, i nostri brani preferiti cambiano. 
DB:
 Stupendo. Perché è lo stesso sentimento che abbiamo avuto mentre lo registravamo. Ogni brano ha una sua propria forza e si insinua in modo diverso. Sono immensamente soddisfatto da questo album e adoro gli inediti. Heathen avrebbe potuto essere molto più lungo ma molti mi hanno rimproverato la lunghezza di Outside. Sinceramente penso avessero ragione. L’anno scorso mi sono confezionato una versione diOutside di 50 minuti, e l’album funziona molto meglio. Tanto peggio. Mi sono quindi deciso a non oltrepassare quella durata. Personalmente non amo più gli album troppo lunghi. 
R&F:
 In questi ultimi anni hai sperimentato molto, andando a toccare il drum’n’bass con Earthling. Questa volta sembrerebbe che la chitarra, onnipresente nelle tue opere passate, sia tornata.
DB: Cerca bene, c’è in Heathen qualche tocco di drum’n’bass, anche in Sunday.. Come regola generale, sono le canzoni che dettano il loro arrangiamento e i musicisti che le devono difendere. Per esempio, non c’è chitarra nella canzone Heathen. C’è un sax baritono, un’orchestra strana… 
R&F:
 Si ritrova lo spirito Hansa By The Wall.
DB: Si, certo e un po’ il Pet Sound anche: un po’ Brian Wilson, un po’ rock’n’roll. Altri brani sono solo chitarra, I’ve Been Waiting For You.. 
R&F: Slow Burn
DB: Oh sì, anche se all’inizio non era prevista. Ma quando Pete (Townsend degli Who) ha aggiunto la sua parte… ha suonato talmente bene… Penso sia uno dei migliori assoli che abbia mai registrato. Ogni nota è profondamente vissuta.
R&F: anche i piccoli errori passano.. 
DB:
 Non ho sentito errori, solo scelte interessanti (ride malizioso)

Dio, chi sei? 
R&F:
 Heathen presenta almeno due chiare canzoni d’amore. Si può dire che David Bowie abbia aperto il proprio cuore al suo pubblico? 
DB:
 Mmmmm, a quali titoli fai allusione? 
R&F:
 I Would Be Your Slave e I’ve Been Waiting For You
DB:
 Nel caso di I’ve Been Waiting For You si tratta di un sostituto d’emozione perché è un pezzo di Neil Young che io avrei comunque registrato anche se avesse parlato di pesce. Il suono e lo stato d’animo di questo pezzo sono splendidi. Ma sì, potevo appropriami del testo e sostenere che evocasse la mia nuova relazione amorosa che dura da dodici anni! Nel caso di I Would Be Your Slave, in verità si tratta di una preghiera, qualcosa di molto diretto: ” Dio, chi sei? Rivelati ed io crederò in te. Nel frattempo ho di meglio da fare che attendere che tu ti faccia vivo.” Si tratta quindi di qualche cosa di molto diretto, scritto in modo molto ambiguo. Quello che ho cercato di fare con Heathen, è stato di avvicinare i grandi temi trattandoli a un livello molto umano: volevo a tutti i costi evitare la presunzione e l’enfasi, il progetto pomposo allaEmerson, Lake & Palmer. Chi siamo? Dove andiamo? Questo genere qui… Tuttavia sono stato ispirato in Heathen dalla musica di Richard Strauss. Gli ultimi quattro lieder che ha composto al termine della sua vita sono tra i miei brani preferiti di musica classica. Ho sempre avuto l’ambizione di scrivere qualcosa di quella portata, che avesse la stessa gravità, la stessa risonanza, e ancor più invecchiando. Spero di essere più felice di lui ma capisco ciò che ha animato: quando si è a confronto con il tema della fine, è legittimo sentire la necessità di attaccarsi alle domande più elementari a proposito dell’esistenza. Ma mi sono quasi costretto a ridurre i temi di riflessione e a umanizzarli. E quindi, non mi disturba il fatto che si consideri I Would Be Your Slave una canzone d’amore. Perché no, anche se so che parla di ricerca spirituale. 
R&F: Come tutto il disco del resto.
DB:
 Assolutamente si, tratta della mia ricerca attuale, cose del tutto contemporanee per me. Non c’è nulla di nostalgico, nessuna nostalgia delle cose passate. Infatti, sarebbe più un languore rapportarsi a un avvenire che mi sembra oscuro. Questa cosa mi contraria enormemente. Il passaggio al 20° secolo è stato un trucco completamente deludente: tutto qui? Tutta l’eccitazione del 1999 sul passaggio a questo nuovo secolo meraviglioso.. guardatevi intorno, è spaventoso! Spaventoso! 
R&F:
 In Francia sappiamo esattamente a cosa ti riferisci (l’intervista è stata fatta nel mezzo dei due turni elettorali) 
DB:
 Immagino lo sappiate! E’ diabolico. Questo, più il ragazzo che mitraglia una scuola in Germania, e.. la situazione del Medio-Oriente non si evolve assolutamente. Non è mai stato peggio di oggi. 
R&F: Sei tornato di recente in Inghilterra? Là l’americanizzazione avanza: uno Starbuck & Coffee a ogni angolo di strada… 
DB:
 Ho creduto di capire che tutto era buio, spento, estinto. Non si può che subire questo vento che soffia sull’Occidente terra terra e insipido. Non ci può elevare al di sopra della propria superficialità: non c’è alcuna profondità di percezione a livello intellettuale o spirituale, non c’è che la tristezza della vita quotidiana. Vien voglia di dire : “Svegliatevi! Come potete essere fieri di essere così ignoranti? Andatevi a farvi sfottere, non voglio vivere come un maiale tra gli incolti.” Ho trascorso la mi avita a tentare di imparare, a cercare di comprendere, a essere curioso. Non vedo più gente curiosa, è terribile. Si ha di che essere realmente tristi a proposito dei giovani che vengono incitati a sguazzare nell’assenza della conoscenza. Capisco questo diluvio di informazioni con cui siamo sempre a confronto e capisco come ci siamo arrivati: i ragazzi sono talmente inondatati che non sanno nemmeno da dove iniziare a imparare. Iniziano ad arretrare e dicono: “Vaffanculo, non voglio sapere nulla.” Non voler sapere o non voler imparare sembra oggi un atteggiamento molto fico. Ma bisogna trovare ad ogni costo un’interfaccia, un nuovo modo di educare questi ragazzi, qualcosa che stia tra i giovani e la conoscenza. E’ terribile crescere fra queste.. patate. Ho scritto una canzone sulla morte di mio padre.

Ho scritto un brano sulla morte di mio padre.
R&F: Visto che siamo alle catastrofi, pensi che gli avvenimenti dell’11 settembre abbiano alterato il tuo lavoro e la registrazione di questo album? 

DB:
 A priori, l’album era a un tale punto di avanzamento che quegli avvenimenti non hanno potuto influenzare che sul modo di suonare sei musicisti presenti nelle sessions. Due giorni dopo l’11 settembre, abbiamo registrato gli archi e i musicisti non sono potuti arrivare in treno. Abbiamo quindi organizzato il loro spostamento in bus, hanno dovuto munirsi di passaporto e hanno trascorso qualche giorno con noi. Li ho ringraziati di avere fatto quello spostamento e loro mi hanno detto che era loro necessario lasciare New York per qualche giorno, il peso dell’ansia era troppo duro da sopportare in loco. Improvvisamente il nostro piccolo rifugio era diventato un santuario… sono quindi convinto che il loro modo di suonare è stato alterato dagli avvenimenti, a livello emozionale almeno. Il primo giorno, abbiamo registrato I Would Be Your Slave e certi versi della canzone prendevano subito una strana risonanza. Eravamo tutti molto colpiti, e i musicisti hanno sicuramente suonato con più intensità del previsto. 
R&F:
 Heathen sale in potenza come se fosse animato da rigurgito di ottimismo.. 
DB:
 Sì, verso la fine sì…. 
R&F:
 In Everyone Says Hi, inviti qualcuno in difficoltà a venire a casa tua a mangiare un boccone. Tutto questo non è molto David Bowie. 
DB:
 Salvo il fatto che è una canzone sulla morte (divertito e contento del bel colpo)
R&F:
 Oops, domanda seguente. 
DB:
 No, avete ragione. Everyone Says Hi viene dall’idea che, da quando è morto mio padre, mi ricordo con molta precisione che non riuscivo ad ammettere che non lo avrei più rincontrato. E da qualche parte nella mia testa, durante tutti questi anni, ho sempre avuto la sensazione che sarebbe ritornato, che non era che partito per un viaggio molto lungo. E’ così che è venuta questa canzone, pensando a mio padre e a quanto mi manca. 
R&F:
 La semplicità e l’efficacia delle parole sono sconcertanti. 
DB:
 E’ un tema importante per me ma che non lo volevo avvicinare come un qualche cosa di enorme. 

Oramai, a 26 anni, sei troppo vecchio. 

DB:
 Da come vanno le cose in questi ultimi diciotto mesi, il mio modo di imparare come registrare e il peso delle canzoni che scrivo mi rendono molto ottimista su quello che farò in futuro: può essere che le cose migliori della mia carriera siano ancora a venire. In modo molto positivo, ho fretta di vedere quello che farò. 
R&F:
 Tony Visconti dichiara di non averti visto mai tanto a tuo agio in studio. 
DB: Sì, mi ci trovo bene. E’ perfetto. Sembra quasi che io abbia alla fine imparato come si scrivono le canzoni. 
R&F:
 Le suites di accordi elaborati sono ritornati. Le tue canzoni più pop non sono mai state molto chiare.. 
DB:
 Lo avverto anche io. Qualunque sia il compositore, autore o pittore, l’artista si avvicina alle cose a livelli diversi. Il suo lavoro può essere o un rigurgito o una assimilazione di informazioni. Il suo rendimento viene messo talvolta a riposo, meno fertile di quando rigurgita. In questo momento sento veramente di essere in forma sul piano artistico. 
R&F: Anche noi lo sentiamo. 
DB:
 E’ passato molto tempo da quando avevo voglia di suonare integralmente un album sul palco dal primo all’ultimo pezzo. Del resto, non ne posso fare a meno a Roseland. Non lo infliggerò al pubblico tedesco all’interno di un festival (ride) ma sarà geniale davanti a un pubblico ristretto. 
R&F: Conti di realizzare un video? Quali saranno questa volta i mezzi promozionali? 
DB:
 Sto lavorando ora con qualcuno su uno dei pezzi, ma non so… Vedremo… Comunque non ci saranno clip. E poi su quale canale passerà? Nulla in America, sono troppo vecchio. C’è questa incredibile barriera dell’età, nella radio e nella televisione. E sei troppo vecchio, più di 25 anni, non ti è più permesso esistere. Si può contare solo sul fatto che i fans parlano fra di loro e che solo in questo modo il disco sarà ascoltato. 
R&F:
 Che pensi di tutte queste nuove correnti musicali, teen-pop, gansta-rap, nu-metal? 
DB:
 (ride incredulo) Non ne so nulla. Adoro queste etichette, mia figlia non tarderà a dirmi che cosa ascoltare… Io gravito oggi attorno a cose che non sono fondamentalmente differenti da quelle attorno alle quali ho sempre gravitato. Ho bisogno di un po’ di minaccia, di malessere, di spleen… 
R&F: Ti piacciono gruppi come i Radiohead
DB:
 Li adoro. Una ottima band. Mi piacciono molto Grandaddyi Mouse From Mars che sono geniali, divertenti, e hanno ripreso l’eredità dei Kraftwerk ma in modo un po’ più surreale. Mi piacerebbe poter dire che mi piacciono i Mercury Rev ma non ne sono sicuro… 
R&F:
 E gli Air li adori totalmente? 
DB:
 Sì, li conosco e li adoro: siamo stati alla Virgin insieme. Mi hanno domandato se sapevo quale canzone mi avevano copiato (risate). Penso che con il loro nuovo album, abbiamo trovato la loro strada. 
R&F:
 Sarai molto occupato quest’anno. Come pensi di gestire queste assenze con la tua attività di giovane padre? 
DB:
 Come ben sai, mia figlia non ha che venti mesi ed è ancora troppo piccola per stare lontana da casa per lungo tempo. Tristemente ho già vissuto questa situazione con mio figlio e non voglio ricominciare. Non mi scuserò mai abbastanza con mio figlio Duncan per non essere stato presente quando era piccolo; è uno dei rimpianti maggiori della mia vita. Tutto ciò va dunque ad influenzare il mio lavoro. Mi esporrò con parsimonia, cercando di non assentarmi troppo a lungo. 
R&F:
 Il motto dell’anno sembra essere “meno uguale più”…
DB: (ride) Buona definizione. Ci sarà un tempo in cui potrà venire con me ma, a venti mesi, è troppo piccola. Fra un anno o due, vedremo. Ho visto dei bambini sulla strada a quella età: fin quando si riesce a mantenere il senso della famiglia, va bene.Non sarà ancora a scuola ma abbastanza grande per capire quello che succede; capirà e resterà con me, confidate in me. E poi il mio gruppo è meraviglioso, gente super. Sono sicuro che sarà una splendida esperienza, ma non ora 
R&F: Veniamo ora da Downtown e abbiamo notato che in certi negozi di dischi i tuoi album sono classificati nel reparto establishment. Che ne pensi? 
DB:
 Mi sento arrivato (ride). Di che album si tratta? 
R&F:
 Il tuo catalogo, Scary Monsters, Hunky Dory… 
DB:
 Bene, penso sia il posto giusto! 
R&F:
 C’erano pure i Kraftwerk
DB:
 Si, ma c’era Frank Zappa? E’ la sola cosa che voglio sapere… 
R&F:
 No, non l’abbiamo visto. 
DB: Allora va tutto bene (si piega a ridere). Accetto senza problemi una tale classificazione. Credo sia inevitabile. Ogni nuova ondata si infrange su quella precedente. Inizio a sentirmi ridicolo.

Inizio a sentirmi ridicolo.
R&F:
 David, hai 55 anni, hai registrato il tuo primo disco nel 1964. Che sguardo dai oggi alla tua incredibile carriera? E’ stato difficile, gradevole, doloroso…? 
DB:
 Sì, a volte doloroso, a volte la mia straordinaria carriera è stata piena di momenti formidabili. A volte è stato orribile, a volte avrei voluto non aver conosciuto tutto questo, e a volte sono pronto a rivivere la stessa cosa. Per quanto io mi ricordi, ho sempre voluto imparare a scrivere una canzone, a cantare correttamente, a conoscere le basi di uno strumento… Comporre, cantare, nient’altro mi interessava. E se non ci fossi riuscito, il resto sarebbe stato senza importanza. Avrei potuto fare il lavapiatti o qualsiasi altra cosa perché l’unica cosa che mi interessava era cantare. Tuttavia non avevo una reale attitudine per questa cosa, nessun talento innato: è stato necessario lavorare duramente per imparare a comporre, a cantare, a mostrarmi sul palco.. Mi sono costretto a imparare, ho imparato ad avere talento. Veramente! E’ stato duro, ma lo vedete anche voi, è possibile… 
R&F:
 Forse qualche dono… 
DB:
 Non penso ed è qui che voglio arrivare. E’ la ragione per cui le persone che sono nate con del talento mi meravigliano. So tutto quel che ho fatto per arrivare a fare ciò che dovevo fare; ho dovuto aprire molti cassetti e capire queste cose prima di poterle applicare a ciò che volevo fare. Ho iniziato a essere esitante, a rendermi ridicolo, ho scritto di stufato di manzo e a poco a poco mi sono migliorato. E’ stato molto interessante: ho davvero imparato ad avere del talento. 
R&F: Ai tuoi occhi, chi possiede un talento naturale? 
DB:
 Tutti gli altri (risata generale)
R&F:
 Noi inclusi. 
DB:
 Davvero tanta gente; penso che Mick Jagger a dovuto sgobbare un po’ per questo. Già, ho dovuto imparare a muoversi (ride)
R&F:
 Hai detto la stessa cosa su Bryan Ferry dieci anni fa… 
DB:
 Chi lo ha detto? (piegato dalle risate). 
R&F: Tu. 
DB: Davvero interessante! Mick ha imparato perché ha trascorso un sacco di tempo dietro le quinte a guardare Tina Turner e tutti gli altri, a spiare James Brown. Come me del resto. 
R&F:
 Anche Presley.
DB:
 Tutti. Li guardavo senza sosta domandandomi che cosa li rendeva così speciali, come facevano: fa molto rinascimentale osservare i propri maestri. E parlando di Ferry, ho visto recentemente i Roxy Music in concerto e li ho trovati favolosi, superbi. Vado fuori abbastanza e vedo molti giovani gruppi ma nessuno di loro è degno di legare le scarpe ai Roxy Music. Senza sforzarsi, sono così moderni, fuori dal tempo e pieni di talento. Mi sono detto: merda, sono davvero bravi. Eno manca un po’ ma sono splendidi lo stesso. 
R&F:
 Questa estate Ziggy compirà trent’anni. Avevi in porto molti progetti di commemorazione, che ne resta oggi? 
DB:
 Avevo pensato a un film o a una commedia musicale e poi, nel giro di un mese, mi sono accorto che era tutto inutile. Non posso concepire il seguito di Ziggy Stardust senza diminuire ciò che è già stato, impossibile. Ciò scatenerebbe una reazione a catena. Ho cercato di farci altre cose ma man mano che ci pensavo, scoprivo che l’idea fosse sempre meno chiara. Ziggy è già enorme nella testa di tante persone, perché diminuirlo? Mi dispiace, la bambolina di Ziggy non ci sarà… 
R&F: Nemmeno un opera musicale a Broadway?
DB: Nemmeno Ziggy da Oprah Winfrey (N.d.t: conduttrice di un talk show americano) (ride). 
R&F:
 Quali sono i tuoi progetti? 
DB:
 Il mio futuro non è che un immenso punto interrogativo. Dopo i concerti dell’estate, ho detto a Tony che mi piacerebbe ritornare in studio e se accedesse sarei molto felice. 
R&F:
 In che cosa credi oggi? Riusciamo a terminare questa conversazione con una nota di speranza? 
DB:
 Dovremmo, ce lo possiamo permettere.
R&F: Sono passati cinque anni, tutti dicevano che la Storia è morta, si supponeva che non sarebbe successo più nulla e oggi la Storia bussa alla porta: che cosa riusciremo a salvare secondo te? 
DB:
 Tutte le profezie sono basate sul passato più immediato. Se provi a redigere un manoscritto sul futuro, non farai nient’altro che dare la tua opinione su quello che è appena successo, anche quando tenti di fare progetti per l’avvenire. Secondo me, per sapere come sarà il futuro, basta guardare il passato recente. Sarà piuttosto merdoso. La paura si è insediata e la situazione del Medio-Oriente resterà la stessa: si sentono oggi commenti uguali a quelli del 1937. Le cose non sono andate avanti di un millimetro. L’antagonismo tra la Palestina e Israele è atroce. La situazione non potrà mai sistemarsi, va al di là di tutte le forme di raziocinio e di buon senso: non c’è che odio da entrambe le parti, nessuna via d’uscita. E’ la condition humaine.

Potete chiamarmi Comandante.
R&F: Ti resta da fare una sola cosa, continuare a scrivere belle canzoni… 
DB:
 Si, e alcune su Heathen parlano di questo. E’ il tema di A Better Future, in cui penso ai miei figli. Non smetterò mai di amarli. Di avere bisogno di loro. 
R&F: David, grazie di questa intervista. Visto che sei il capo della Iso Records, dobbiamo oramai dirti “a presto, sig. Presidente”
DB:
 (ride) Perché no? In vostro onore avrei dovuto portare la mia decorazione di Cavaliere delle Arti e delle Lettere (N.d.T.: Bowie è stato insignito di questa onorificenza dall’Academie Francaise nel 1999). Ne ho due ora, comandate e cavaliere. Ecco ciò che sono. 
R&F:
 L’abbiamo sempre saputo (risate)
DB:
 In generale non do nessuna importanza a questo genere di cose, ma, quando la Francia mi ha chiesto di farmi Cavaliere, il vostro Ministro della Cultura ha contattato il mio ufficio: ho risposto che mi dispiaceva, ma non potevo venire a Parigi. Se desideravamo offrire la decorazione a qualcun latro, potevano farlo. Ebbene, me l’hanno mandata per posta! Per posta! Di solito non si fa mai.

di Philippe Manoeuvre e Jérome Soligny

 

 

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