Fabio Novembre, l’ architettura parla di rock!

Fabio Novembre Bisazza BerlinoFabio Novembre, architetto di Milano, ha lavorato per l’azienda veneta Bisazza, leader nella produzione del mosaico di vetro per pavimenti e rivestimenti, e ha curato l’allestimento dello showroom di Berlino, in Kantstrasse 150. Le vetrine ospitano due immensi occhi, uno azzurro e uno marrone, omaggio a David Bowie, interamente realizzati, con tecnica computerizzata, in tessere di mosaico di vetro.

Kether (Ivan) – che ringraziamo molto per questo contributo – si è messo in contatto con lui e lo ha intervistato.

Link utili: www.bisazza.it   –   www.novembre.it

 

Fabio_novembre_6L’allestimento dello show-room Bisazza a Berlino è stupefacente per l’eleganza delle soluzioni tecniche e, sarà per l’uso del mosaico (prodotto appunto da Bisazza), è immediata l’associazione ad un linguaggio “modernista” contemporaneo. Assai più dirompente però è la presenza di simboli non ancora assimilati dalla cultura architettonica “canonica”, affrontati qui con un’ abilità ineccepibile dal punto di vista formale. Le vetrine, unico collegamento tra lo scrigno creato da te e il mondo esterno, sono due enormi occhi di due colori, dichiarato omaggio a David Bowie, e anche il fulcro dell’ambiente, un’  imponente quanto straordinariamente leggera maschera-totem, ricorda il volto vettorializzato di Omikron.

D – La domanda più immediata è come tu abbia persuaso la committenza ad adottare gli occhi di un divo del rock come soggetto di un elemento tanto importante quale le vetrine del proprio show-room.

Fabio Novembre Bisazza BerlinoR – Il tema del mio intervento a Berlino è ispirato all’opera di Samuel Beckett En attendant Godot. Il senso di questa ispirazione nasce dalla mia personale percezione di Berlino come un luogo in stand-by, un luogo in cui qualcosa è sempre in procinto di accadere ma tarda a manifestarsi, la capitale della suspense storica. Berlino come metafora di una società a matrice profetica in costante attesa di Godot, il fantomatico risolutore dei problemi di cui non vogliamo assumerci alcuna responsabilità. In questo senso, sia la maschera in acciaio specchiante sia i grandi occhi di mosaico in vetrina sono una sfida all’assunzione di responsabilità. La grande maschera quando osservata riflette l’immagine dell’osservatore per indurre all’identificazione con la presunta divinità, ed è cava e priva di occhi per permettere di ‘indossarla’ appunto come una maschera guardando attraverso di lei con i propri occhi. La scelta iconografica degli occhi per lo spazio della vetrina si giustifica soltanto con l’identificazione che faccio tra essere un uomo ed essere David Bowie. Mi spiego meglio: io credo che David Bowie rappresenti la perfetta sintesi delle caratteristiche di un uomo che non aspetta alcun Godot. I suoi occhi di diverso colore sono il simbolo di una società multirazziale e il suo innato spirito underground unito ad una capacità di comunicazione assolutamente mainstream, ne fanno un perfetto esempio di efficacia creativa. L’uomo che cadde sulla Terra riesce da una vita a mantenersi in equilibrio con i piedi nel fango e la testa tra le stelle.

Fabio Novembre Bisazza BerlinoD – Il tuo gesto mi pare oltremodo coraggioso. Quasi tutti leggendo di Bowie e architettura penserebbero inequivocabilmente al volto di Ziggy Stardust come ennesima riproposizione del linguaggio pop per l’allestimento quasi scontato di un bar o di un negozio di abbigliamento. E’ indubbio che tu abbia elaborato il soggetto, seppur vincolato all’uso del mosaico, attraverso un processo del tutto personale. Quel che intendo è che il tuo è un intervento artistico nell’architettura. Potrà sembrarti banale ma pensi che oggi ci sia ancora spazio per un binomio arte-architettura?

R – Io non riesco a tracciare una linea di demarcazione tra arte, musica, architettura e quant’altro. Io credo che siano soltanto diverse forme di comunicazione. A me interessa il messaggio che attraverso di esse si cerca di veicolare.

Fabio Novembre Bisazza BerlinoD – L’aspetto che più mi ha sorpreso della tua architettura è il linguaggio. Parrebbe contaminato in qualche modo dal “modernismo” e mi rendo conto che ciò sia dovuto in gran parte all’utilizzo del mosaico. Quel che appare veramente forte, aldilà dell’impressione più ovvia, è però l’uso di tecniche moderne, prima tra tutte l’impiego del computer, finalizzate alla realizzazione di nuove forme. Pensi che in generale si sia già sviluppato un linguaggio sufficientemente maturo e universale, tale da colmare il vuoto lasciato dall’ormai inopportuno minimalismo?

R – Io non mi creo nessun tipo di problema stilistico. Io credo nella capacità di affabulazione, che è una dote innata, e nelle forza della comunicazione.

D – Ritornando a Bowie, immagino che dedicargli un posto tanto importante in una tua realizzazione presupponga una notevole ammirazione. Dove nasce quest’ultima e soprattutto qual è il Bowie che ti ha incantato più di tutti?

R – La forza di David Bowie sta nell’essere l’artista meno datato di questo secolo. La sua capacità di adattamento lo ha reso un campione del darwinismo sociale applicato. Persino la sua immagine fisica è da Ritratto di Dorian GrayDavid Bowie è una grande lezione di vita.

Fabio Novembre Bisazza BerlinoD – E’ strano vedere un’opera architettonica dedicata a Bowie. Intendo, è raro, anche se non è la prima volta, che l’architettura parli di rock, ma ancora più raro è che Bowie, un’artista ancora vivente, possa entrare nell’immaginario artistico, per di più in uno tanto prestigioso quale quello architettonico. Pensi che in generale questo aspetto della sua figura andrà consolidandosi o il tuo rimarrà un tributo personale? Ritieni che il suo modo di “fare la arte” possa essere una traccia espressiva per altri artisti non legati strettamente al mondo musicale?

R – Io credo che il fatto che David Bowie sia ancora fisicamente in vita è trascurabile. Il suo lavoro rimarrà vivo per generazioni a venire, ed è quello che ogni autentica forma d’arte implica.

D – Ammetto che questa domanda ha un che di malizioso. Hai avuto modo di vedere le foto della casa di Bowie pubblicate su Architectural Digest? Che ne pensi?

R – Non l’ho vista ma sarei curioso di vederla per capire la sensibilità di Bowie sullo spazio.

 

Se avete informazioni o materiale da inviare, scrivete a velvetgoldmine@velvetgoldmine.it

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ivan

such sweet memories

kooks

fabio novembre è in copertina sulla rivista di design in edicola PLATFORM con il fulmine sulla faccia!!