Bowie: “Celentano? Per me è un idiota”
Parla l’artista, che a Milano ha presentato l’album “Hours” in un concerto speciale

di GIACOMO PELLICCIOTTI 


MILANO – Sabato scorso un Bowie in gran forma ha incantato a Milano prima un drappello di addetti ai lavori con le sue battute ironiche, poi un pubblico di oltre duemila ammiratori all’Alcatraz, per l’unica tappa italiana di un non-tour che privilegia solo sei città europee. Il pretesto è quello di presentare dal vivo l’ultimo album Hours, il 23 da solista. Ieri pomeriggio è andato anche da Fabio Fazio a “Quelli che il calcio”, ma l’incontro si è svolto nella più neutra cordialità, senza le scintille colleriche di più di un mese fa con Celentano.
Magro e scattante, il Duca Bianco fa onore ai suoi 52 anni tenendo testa con brio alle domande dei cronisti.
Si diverte ancora a fare concerti dopo tanti anni?
“Tendo a non ripetermi dal vivo. Una delle abitudini che ho perpetuato fin da quando ero molto giovane è la capacità di tenere a freno le cose che più apprezzo nella vita e di sfruttarle come motore di quello che faccio come artista. Altrimenti sarei uno stupido”.
Lei è un artista quotato in borsa: ha dato finora soddisfazioni ai suoi azionisti?
“Ogni giorno do loro tante soddisfazioni, sono sempre notizie felici”.
Che consigli darebbe ai teenagers di oggi?
“Assolutamente nessuno. Sarebbe sciocco, per uno avanti nell’età, dare ai più giovani consigli che non saranno mai ascoltati. Quando ero teenager io, apprezzavo personaggi come William Burroughs o Jack Kerouac. Forse non erano gli esempi migliori, ma i miei tentativi di avvicinarmi alla loro abilità hanno fatto sì che vivessi una vita assolutamente straordinaria. Ho passato periodi meravigliosi e terribili, di grandi gioie e grandi tragedie”.
Con “Hours” lei torna al suo passato più glorioso…
“L’idea è di raccontare un personaggio della mia generazione che guarda indietro nel tempo, vede occasioni mancate e sente qualche angoscia. In complesso è un album triste. Per quanto mi riguarda, avrei tante storie buffe da raccontare sui rimpianti. Ma l’infallibilità non rientra nelle possibilità dell’essere umano, perciò non serve avere rimorsi”.
Ci vuole finalmente spiegare com’è andata, quando è stato ospite di Celentano in tv? Forse non lo capiva bene?
“Ho capito molto bene cosa voleva dire e credo che sia un idiota. Alla fine sono riuscito a cantare la mia canzone, che era l’unica ragione della mia presenza allo show. Probabilmente non mi inviterà più, peccato”. Ma sembra tutt’altro che rattristato. Immediata la replica di Celentano: “Mi dispiace che Bowie abbia pensato di trovarsi di fronte a un “idiota”. Ho cercato di coinvolgerlo sul piano sociale, constatando invece che lui era “socialmente impegnato” solo a promuovere il suo disco”. E conclude il Molleggiato: “Caro Bowie, io sarò “idiota”, ma essere quotato in Borsa quantomeno ti rende confuso”.
Tutto esaurito all’Alcatraz e, malgrado un principio d’influenza, David il Camaleonte riesce a conquistare con uno show ricco di trovate musicali. Il primo colpo di teatro di una serata informale, molto calda come una riunione tra vecchi amici, è Bowie da solo con il suo pianista che ripropone Life on Mars? del 1971, proprio mentre tutto il mondo aspetta segnali dalla stazione spaziale inviata su Marte dalla Nasa. Il pubblico rapito canta all’unisono con lui. Assecondato poi da una band dichiaratamente pop, con la seducente bassista-cantante Gail Ann Dorsey, la rockstar londinese macina la più fantastica scaletta di brani di carriera, alternando il vecchio e il nuovo con folgorante immaginazione. Accanto ai pezzi di Hours riecco i successi indimenticabili come China girl, Changes e un’irresistibile versione di Rebel rebel. La chicca dello spettacolo è, comunque, Can’t help thinking about me, misconosciuto reperto museale datato 1966 che il signor Jones 19enne cantava quando aveva appena mutato cognome e andava in cerca di fortuna con David Bowie and the Lower Third.

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