David Bowie is 15 ottobre 2016 1

David Bowie is 15 ottobre 2016

UN’ ESPERIENZA SOUND AND VISION

Jpeg

Dopo la seconda visita al MamBO, alla mostra David Bowie is, spero di avere le idee abbastanza chiare per poter condividere le mie impressioni.

Dal mio modesto, molto modesto, punto di vista si tratta di un’esperienza sensoriale fantastica, si viene completamente avvolti nel mondo di Bowie, nei suoi video, nella sua musica; si può parlare tranquillamente di un’esperienza Sound And Vision, tanto per citare un famoso brano.

Sin dall’inizio dalla prima sala è un susseguirsi di suoni, immagini, voci.

I brani, i costumi, i testi delle canzoni, i manoscritti con le note dei tour o le annotazioni, gli appunti dello stesso Bowie, uniti a tutto ciò che lo ha ispirato e a tutte le tendenze che lui stesso ha ispirato in termini di musica, di società, di esperienze sono lì in esposizione per noi, affinché possiamo goderne, affinché possiamo capirne meglio la grandezza.
Nelle cuffie o tutto intorno c’è la sua musica; splendida come sempre, appropriata in ogni momento, mai fuori luogo. E  viene voglia di ballare, poi ci si esalta, ci si commuove in un susseguirsi continuo di emozioni e  stati di animo

I videoclip, alcuni visti tante volte fino a conoscerli a memoria, altri un po’ meno, assumono un diverso valore, così contestualizzati

 E  si percepisce chiaramente ancora una volta il filo rosso che lega Space Oddity (video del 1969) ad Ashes to Ashes a Hello Spaceboy e, infine a Blackstar.

Si rimane profondamente commossi davanti ai video di Starman e Life on Mars, il primo in megaschermo multisfaccettato (non so come si dice) così che David sembra venirti incontro da ogni lato, il secondo in un televisore di vecchio stile proprio come quello con cui quelli della mia generazione lo ammiravano da ragazzini cosicchè i ricordi si fanno prepotenti.

Si gustano a fondo le interessanti interviste a Bowie stesso, e a chi ha lavorato con lui, come Tony Visconti o lo stilista Yamamoto.
Si ammira ancora una volta e di più il genio interpretativo e l’eleganza di Bowie nell’interpretazione data alla TV Americana di The Man Who Sold The World nel 1979 o la bravura recitativa negli spezzoni proiettati nella sala cinema.

E poi si arriva all’ultima sala, quella dei live. E lì ci si perde. Ad un certo punto sembra quasi di essere sul palco fra Bowie e Ronson, tanto la proiezione sui 4 lati è coinvolgente e quando canta “Give me your hands”  viene voglia davvero di allungare la mano e toccarlo.

E alla fine si esce (dopo 5 ore, tanto è durata la mia seconda visita) e non si ha altro che gli occhi, la mente e le orecchie piene di David Bowie e della sua musica.
E si rimane per un certo tempo imprigionati nel suo mondo.

Gloria Giorgi

 

 

 

 

 

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